Roma, nel carcere con documenti falsi per dei colloqui: 10 mesi al pusher Vincenzo Nastasi

Per parlare con un suo amico detenuto in carcere, Nastasi aveva utilizzato documenti falsi. Adesso la sentenza lo condanna a 10 mesi di reclusione

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Il carcere di Regina Coeli

Roma: uno dei pusher più noti ed influenti del racket dello spaccio di droga di Tor Bella Monaca, detto il “principe”, Vincenzo Nastasi era entrato abusivamente e con documenti falsi dentro al carcere capitolino di Regina Coeli ed è stato per questo condannato a 10 mesi di prigione.

Per parlare con un suo amico detenuto in carcere, Nastasi aveva utilizzato documenti falsi. Adesso la sentenza lo condanna a 10 mesi di reclusione

L’uomo, nel dettaglio, aveva utilizzato documenti d’identità falsi ottenendo due colloqui con un suo amico che in quel periodo era incarcerato a Regina Coeli.

Nastasi ha compiuto i reati in questione il 17 novembre 2016 ed il 23 gennaio 2017 ma solo ora è arrivata per lui la sentenza di condanna.

Come spiegato, Nastasi voleva parlare con il suo amico e aveva mostrato ai dipendenti del carcere la documentazione falsa, intestata ad un altra persona, salvo poi essere scoperto.

In tribunale, per difendersi dalle accuse, Nastasi aveva affermato che in quel periodo abusava di droghe di ogni tipo e faceva errori come quello, e a suo carico c’erano già molti precedenti, come quello che lo aveva visto condannato a 18 anni di prigione, poi ridotti a 9, per un giro di spaccio di 200mila euro.

Le stesse motivazioni, per giustificare il suo assistito, ovvero l’abuso di stupefacenti che lo portava a fare sciocchezze e reati, è stata utilizzata dall’avvocato di Nastasi, senza successo.

Parlando di altri eventi verificatisi recentemente a Regina Coeli, il Primo marzo scorso in un altro nostro articolo vi abbiamo raccontato di come diversi detenuti del penitenziario romano siano stati  sorpresi con telefonini e più di un etto di droga, per lo più hashish, oltre ad armi rudimentali come chiodi e pezzi di ferro.

Il tutto è stato scoperto durante un blitz all’alba che ha messo in luce le malefatte di diversi prigionieri che tenevano nascosti cellulari e stupefacenti, mentre nello stesso periodo un detenuto condannato per omicidio è stato preso a testate da un agente.

Per approfondire questa vicenda clicca sulla parola chiave colorata in arancione posta poco sopra.

Come sempre in questi casi ricordiamo ai nostri lettori che la posizione del soggetto raggiunto dall’ordine di custodia cautelare è quella di indagato e che le prove si formano nel corso del processo.

Fino al terzo grado di giudizio un indagato non può essere considerato colpevole.

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