Un’emergenza così non si è mai registrata ai pronto soccorso di Roma e provincia. Il weekend si conclude con uno strascico di oltre cento ricoverati nelle sale d’emergenza che attendono un ricovero in ben quattro ospedali di Roma. Complessivamente nella Regione Lazio si supera una quota di più di mille malati assistiti in condizioni al limite, su una lettiga in sale stipate d’umanità dolente.
Weekend da incubo: oltre 100 pazienti in attesa di un ricovero in ben quattro ospedali. Simeu: “Bisogna fare presto o si blocca l’assistenza”
I numeri, registrati sul sito della Regione Lazio alle 7,30 di questa mattina, parlano chiaro. In totale nel Lazio 1062 persone aspettano il ricovero in reparto. Al Policlinico Umberto I su 153 i pazienti in attesa, 141 al Gemelli, 121 a Tor Vergata, 111 al San Camillo. Sotto i cento ma ugualmente sofferenti per la ricerca di un ricovero che non si trova, 95 al Sant’Andrea, 89 malati al Sandro Pertini, 86 al Santa Maria Goretti di Latina, 73 al Sant’Eugenio, 65 al Policlinico Casilino, 61 al Campus Biomedico, 57 al San Filippo Neri, 55 al San Giovanni Addolorata, 48 al Grassi di Ostia.
In queste condizioni si rischia il blocco delle ambulanze: i pronto soccorso, impossibilitati a liberare le sale d’emergenza, a corto di spazi e di lettighe, potrebbero lasciare i pazienti a bordo dei mezzi, rallentando o impedendone la ripartenza per altri interventi.
A proposito delle difficoltà di reperire i posti per il ricovero dei pazienti che lo necessitano, è eloquente il commento di Giulio Maria Ricciuto, presidente regionale del Simeu (Società italiana medicina d’emergenza e urgenza): “La permanenza dei pazienti in pronto soccorso in attesa di posto letto continua a essere il nodo irrisolto e si sta anche ulteriormente peggiorando con solo poche realtà che stanno cercando faticosamente di attivare quanto prevede in merito il piano di gestione del sovraffollamento regionale ovvero la rapida presa in carico dei pazienti da ricoverare da parte degli specialisti di riferimento, indipendentemente, quindi, dal ricovero e dopo 12 ore massimo dal loro arrivo in pronto soccorso”. “Questo purtroppo perché in alcuni ospedali, specie periferici, anche i reparti soffrono di gravi carenze d’organico – aggiunge Ricciuto – e, in più, i pochi posti attivi, continuano a essere gestiti, a nostro modo di vedere, in maniera antica e, spesso, purtroppo, inefficace”.
Personale in fuga
A soffrire di questa situazione è non solo la qualità dell’assistenza dei malati ma anche il personale sanitario che deve far fronte all’elevata quantità di accessi. I medici, in particolare, sono pochi, esposti alle proteste dei parenti dei pazienti e scarsamente incentivati. “Continua l’emorragia dei medici di pronto soccorso – segnala Ricciuto – verso ogni altra struttura e questo perché ancora non si mette mano seriamente agli strumenti di benessere organizzativo e di incentivazione efficace economica che abbiamo richiesto e che non assomiglino a un elemosina e che, anzi, possano ridare dignità professionale e qualità di vita agli operatori dell’emergenza. Agendo anche sui luoghi di lavoro per il bene di tutti, a partire dai malati. Il lavoro più bello del mondo, se è motivo di fuga, è perché è l’organizzazione a essere malata e non bene guidata dalle scelte di chi ci lavora e non da chi ne fruisce nei momenti più difficili della propria vita”.