Il 16enne avrebbe partecipato al delitto insieme al padre. L'accusa, concorso in omicidio
C’è un nuovo fermo per l’omicidio di Michael Lee Pon, il badante filippino di 50 anni assassinato con una coltellata al torace nella stazione Valle Aurelia, nel tardo pomeriggio di domenica scorsa, il 19 febbraio (leggi qui). La Polizia ha fermato e collocato in una comunità il figlio 16enne di Renato Sarabia Peraltra, il quantenne che nei giorni scorsi si è costituito ammettendo il delitto. A disporre la misura il tribunale dei minorenni che procede per concorso in omicidio.
Il 16enne è gravemente indiziato per aver commesso l’omicidio assieme al padre. La misura cautelare, emessa dal gip del Tribunale per i Minorenni di Roma, su richiesta della Procura per i minori, è stata eseguita dai poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Roma nella giornata di ieri, il 25 febbraio. Nei prossimi giorni il 16enne comparirà davanti al gip del tribunale dei minorenni per la convalida.
Il padre prima di costituirsi in una caserma dei carabinieri accompagnato dal figlio aveva fatto girare nella comunità filippina un video appello: “Non potevo parlare prima perché ero senza avvocato. Adesso prendetevi cura di mio figlio. Sto andando ora, in caserma, dai carabinieri”. (leggi qui)
Sul viso un profondo graffio forse frutto della lite alla stazione di Valle Aurelia degenerata nell’omicidio del connazionale.
Nel video, in cui parla in lingua filippina, l’uomo sembra scusarsi di non essersi costituito subito e chiede esplicitamente aiuto per il figlio proprio perché sembra consapevole del rischio di una carcerazione lunga. Nessuna spiegazione, però, sul motivo del delitto rimasto sconosciuto.
Adesso spetterà ai magistrati ricostruire il ruolo del padre e del ragazzo nell’omicidio. Renato Sarabia Peraltra ha specificato che il coltello con cui avrebbe sferrato il colpo non era suo, ma era stato brandito dalla stessa vittima.
“Non mi dava tregua da mesi. Voleva sempre soldi, alla fine mi sono rifiutato di darglieli”, ha raccontato Peralta, assistito dall’avvocata Lucia Leone. “Io non l’ho mai cercato, è stato lui a trovarmi: si è presentato a Valle Aurelia armato di un punteruolo. Ha aggredito me e mio figlio, mi sono solo difeso.
Ma ho anche cercato di difendere anche mio figlio. Non so cosa sia successo, ci siamo picchiati, lui mi ha colpito alla guancia e alla testa, poi sono riuscito a girare il punteruolo verso di lui. Non volevo ucciderlo, eravamo stati anche amici”.
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