Ergastolo confermato per Innocent Oseghale, il trentenne nigeriano già condannato in via definitiva per aver ucciso e fatto a pezzi Pamela Mastropietro. La contestazione in discussione, oggi 22 febbraio, riguardava la violenza sessuale. La condanna è stata stabilita a conclusione del processo d’appello bis. E porta a una conclusione: Pamela è stata assassinata e violentata.
Secondo il pg merita l’ergastolo: la violenza avvenuta durante l’omicidio della 18enne romana, poi ripulita e fatta a pezzi
“Un incubo senza fine” – ha commentato la mamma di Pamela, la 18enne romana si era allontanata dalla comunità di Corridonia e i cui resti sono stati poi ritrovati in due trolley a Pollenza (Macerata) nel gennaio del 2018 – Adesso non resta che contare sulla Cassazione“.
La Corte ha sposato in pieno la ricostruzione del sostituto procuratore generale secondo il quale “l’omicidio è avvenuto in occasione della violenza sessuale e a compierla è stato Oseghale“.
La conferma della condanna all’ergastolo è arrivata dopo un’ora di camera di consiglio. A chiedere la conferma dell’ergastolo era stato il sostituto procuratore della Repubblica di Perugia Paolo Barlucchi con una lunga requisitoria.
“Oseghale ha ucciso Pamela se fosse qui gli direi: tu l’hai uccisa, tu sei un omicida. Si parte necessariamente da qui” ha sottolineato il pg secondo il quale “in quella casa c’è stata violenza sessuale e durante quella violenza sessuale Pamela è stata uccisa“.
“Pamela non era una prostituta” ha chiarito il magistrato. “C’è una verità nella sua vita – ha aggiunto – che è la sofferenza psichica, la sofferenza nei rapporti familiari, la
sofferenza che ti da la dipendenza da eroina. Nessun giudizio morale su Pamela, ma comprensione, affetto e una fredda e lucida valutazione su quello che dicono le carte e i fatti. Pamela ha usato il suo corpo perché non sapeva che altro fare, era sola, aveva fame, era scappata la mattina, era allo stremo non sapeva dove andare, era in astinenza da eroina“.
Una ricostruzione sposata dalla Corte di assise d’appello di Perugia.
“Pamela assumeva eroina diversamente“, ha ricordato l’accusa, sottolineando che per la prima volta con Oseghale si inietta lo stupefacente.
“Perché cambia abitudini? Perché è lui che le inietta la droga. Compra in farmacia una siringa che non viene ritrovata, ne viene trovata una diversa, a Oseghale è stata ritrovata eroina, presumibilmente parte della dose per Pamela. Questo vuol dire che è lui che fa la dose, che la inietta e decide quando farlo. Quando esce, la chiude in casa. Non c’è più libero accordo tra persone consenzienti, c’è una persona che dispone sessualmente di un’altra“.
“Pamela era nelle mani di Oseghale – ha evidenziato – che con la cessione dell’eroina la teneva a guinzaglio. Oseghale inizialmente ha negato di aver avuto rapporti sessuali, lui ha negato perché nel farlo l’ha uccisa. La cura di Oseghale nel lavare le parti del corpo di Pamela nelle quali aveva infierito per ucciderla e che potevano essere rivelatrici, sia della somministrazione della droga, sia del rapporto sessuale, fa comprendere la sua necessità di non lasciare traccia. Oseghale ha pensato di avere a che fare con una tossica persa e invece ha trovato una ragazza che concedeva il suo corpo solo per necessità. Non ho dubbi che c’è stata una violenza sessuale e che c’è stata una opposizione di Pamela che non immaginava di incontrare un brutale assassinio“.
I testimoni
I testimoni citati per il processo sono stati sentiti a porte chiuse. A deciderlo è stato il presidente della Corte d’assise d’appello, Paolo Micheli, accogliendo la richiesta di uno di loro.
Si tratta in particolare dei due uomini con i quali Pamela ha avuto rapporti dopo avere lasciato la comunità dove si trovava e prima di essere uccisa. Nella richiesta di essere sentito a porte chiuse il legale del testimone ha parlato della necessità “di tutelare la riservatezza del testimone che è stato già vittima dell’indesiderato clamore mediatico connesso alla vicenda e la sicurezza dello stesso“.
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