I tre già noti per le scorribande a Termini, uno girava da giorni nello scalo con un coltello in tasca
Volevano uccidere, non solo rubare e scappare via. I tre magrebini che il 5 febbraio hanno accoltellato il 46enne Luca Arturo B. vicino alla stazione Termini, dopo avergli rubato il cellulare e una banconota da 20 euro, hanno colpito in più punti vitali mettendo in conto di uccidere. (leggi qui)
Lo ricostruisce il gip Roberto Ranazzi, il magistrato che ha firmato la misura cautelare in carcere. I tre stranieri,precisa, “non lo hanno finito solo perché sono fuggiti per guadagnarsi l’impunità ma lo hanno comunque lasciato in fin di vita”.
Il giudice li dipinge come tre uomini che “da qualche tempo sono assidui frequentatori della stazione Termini, dove delinquono quotidianamente al fine di trarre i mezzi di sostentamento unicamente finalizzati a soddisfare la loro dipendenza dal crack”.
Uno di loro, quello che ha accoltellato il quarantenne, ha precedenti per rapina a mano armata e lesioni consumate proprio a Termini e dai giorni di Natale era stato segnalato perché girava con un coltello in tasca, probabilmente la stessa arma usata per ferire Battisti, mostrato per far paura.
I tre arrestati erano stati identificati e arrestati il giorno dopo grazie ai filmati delle telecamere di sorveglianza puntate a ridosso dello scalo ferroviario.
Nei fotogrammi si vede gli indagati avvicinare la vittima per chiederle denaro. Mentre Luca Arturo B., origini milanesi e cameriere a Roma, parla con due di loro il terzo gli sfila il cellulare e una banconota da 20 euro da una tasca. Battisti prova a inseguirlo ma viene raggiunto e strattonato dagli altri.
Subito dopo l’accoltellamento all’addome. Le ferite gravissime. La lama perfora dal fegato all’intestino. “Un’arma a punta e da taglio, sicuramente idoneo ad uccidere – precisa il gip -. La violenza dei colpi sferrati, e la zona attinta, ovvero il fegato, lo stomaco, l’intestino e la vena femorale, avrebbero potuto determinare la morte di Battisti”.
Da qui la decisione che il carcere fosse l’unica misura idonea a contenere i rischi considerato che i tre sono clandestini, nullafacenti e senza una fissa dimora.
Pochi giorni dopo a Centocelle verrà preso a pugni e ucciso, forse per un parcheggio, un caporal maggiore dell’Esercito infermiere al Policlinico Militare al Celio. Fatale un pugno alla testa sferrato da un uomo fuggito via su un’auto a noleggio, il sospettato un trentenne tunisino non ancora arrestato (leggi qui).
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