Piazzale Clodio perde Giovanni Aricò, il principe degli avvocati. Un penalista che si definiva un artigiano della giustizia e che i colleghi dipingono come “maestro di eccelsa competenza e straordinaria umanità”. È venuto a mancare all’età di 81 anni.
Originario di Santa Maria Capua Vetere abitava a Roma dagli anni Settanta. I funerali di Giovanni Arico’ si svolgeranno giovedì 12 gennaio ore 11.30 nella chiesa San Pio X
Piazza della Balduina.
Tra i suoi processi più famosi quello per il sequestro di Denise Pipitone, la bimba scomparsa nel 2004, e quello per l’omicidio della studentessa universitaria della Sapienza Marta Russo.
“Un avvocato inarrivabile. Era davvero in grado di dare un senso alla nostra professione”, spiega Gaetano Scalise, presidente della Camera penale di Roma – Eppure, Giovanni Aricò non saliva mai in cattedra e spesso terminava le sue arringhe con una frase ad effetto, che si potrebbe prestare anche come epitaffio: “Scusate per il troppo e per il poco”.
Anche la giunta esecutiva dell’Anm Lazio ha espresso “cordoglio per la scomparsa dell’avvocato Giovanni Aricò, storico punto di riferimento per tutti i giuristi” aggiungendo: “I magistrati romani esprimono vicinanza alla famiglia e al foro che perde uno dei suoi professionisti più stimati”.
D’altra parte Aricò era noto per la sua filosofia con cui svolgeva la professione: “Sono convinto che il rispetto che l’avvocato deve dare al magistrato nasce dalla polemica, perché solo così può dare un contributo all’accertamento della verità”.
“L’avvocato Aricò è stato un grande maestro con un tratto di dolcezza nei modi che era la sua vera grande cifra insieme alla straordinaria cultura giuridica ed alla elegante tecnica di discussione, straordinariamente efficace anche durante le arringhe tecniche in Cassazione. I giovani avvocati avevano in lui un modello di umanità e cultura purtroppo raro nella professione. Un abbraccio a Francesca che ne onora il ricordo con la sua bravura”, il saluto del collega Cataldo Intrieri.
“Quando iniziava a discutere, era come se l’aula si fermasse in attesa del suo genio perché lui la riempiva come solo i grandi avvocati sanno fare. Aveva la raffinatezza di dire cose terribili senza mai mancare di rispetto ai magistrati, nei confronti dei quali nutriva grande ed altrettanto ricambiata stima”, ricordano i colleghi.
“Memorabile la sua discussione in un processo per concorso morale in omicidio – ricorda il l’avvocato Francesco Merluzzi – quando disse alla Corte: ‘Io sono un grande tifoso di Maradona e non sapete quanto io segua il pallone calciato da lui accompagnandolo con tutte la mie forze dentro la porta, ma nessuno ha mai detto o scritto che io abbia segnato tanti goal’. La sentenza venne annullata”.
“Di tanti Avvocati che ho conosciuto in questi lustri uno soltanto ha rappresentato un riferimento certo, in Cassazione: Giovanni Aricò”, scrive Francesco Calabrese. “Persona di cultura immensa, modesto fino al punto di celarla ai più. Avvocato di finezza logica e giuridica assoluta, che riusciva trovare la questione giuridica anche laddove, per quanto ci si sforzasse, i più riuscivano a vederci poco. E’ stato un maestro nel vero senso della parola”.
“Non c’è processo discusso con lui – aggiunge Calabrese – in cui non ti facesse sentire a tuo agio: se andava bene era merito del collega, se andava male non vi era null’altro che si potesse fare; ed il collega aveva fatto tutto il possibile.
Mai ad attribuirsi un merito per la buona riuscita della causa … nonostante di meriti ne avesse, e tanti! Sapere che quando si discuteva un maxiprocesso in Cassazione c’era anche lui, per quanto difficile fosse l’impegno, ti faceva sentire forte e sicuro; era come una chioccia. Già da qualche tempo in cassazione c’era un vuoto…
Adesso che se ne è andato il vuoto è ancora più grande. Speriamo che il suo insegnamento resti per più tempo possibile nelle aule fredde del “Palazzaccio“.
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