Dopo pranzi e cene natalizi, prende vita, sulle tavole degli italiani, l'arte di donare una nuova veste agli avanzi, grazie alle ricette della "cucina del giorno dopo"
A Roma e in tutta Italia è risaputo che spesso pranzi e cene nel periodo di Natale portano con sè ogni anno dei “gustosissimi” e piacevolissimi strascichi, ovvero tutte quelle cibarie cucinate con cura, che, dopo il 25 dicembre restano a casa delle persone, in attesa di essere mangiate nei giorni successivi.
L’arte del riciclo, del dare una nuova veste ai cibi rimanenti dopo il 25 dicembre è sempre stata presente nella cultura e nelle tavole degli italiani. Vediamo nel dettaglio come vengono riutilizzati, all’insegna della sempre maggiore attenzione verso la riduzione degli sprechi, perchè, come dicono i diligenti padri di famiglia “buttare il cibo è peccato”.
In particolare in quasi otto case su dieci – circa il 77% – si recuperano per essere consumati nei giorni successivi nelle tavole italiane tutti gli avanzi di cenoni e pranzi natalizi, come emerge da una recente indagine di Coldiretti/Ixè che mette in risalto un dato su tutti: soltanto nel 9% delle famiglie nostrane non avanza niente, mentre circa il 2% dona in beneficenza i viveri avanzati e l’1% ha affermato di disfarsi degli alimenti, buttandoli nella spazzatura.
Nel totale però è compreso anche un 11% che ha messo quello che non è stato consumato in freezer per gustarlo in un secondo momento.
Altro dato record è quello che indica in una media di 2,8 ore il tempo trascorso in cucina dai cittadini per preparare i pasti con cui festeggiare.
La Coldiretti sostiene che gli italiani hanno speso a tavola una cifra vicina ai 2,7 miliardi di euro per bevande e cibi solo per preparare la cena della Vigilia e il pranzo di Natale, includendo nel computo pesce, carne e salumi di vario tipo (950 milioni), bevande, vini e spumante (550 milioni), panetteria, pandoro, pasticceria e dolci in genere (300 milioni), conserve, ortaggi, frutta secca e frutta fresca (550 milioni), gli immancabili pane e pasta (200 milioni) oltre a uova e formaggi (190 milioni).
Tuttavia, e da tempo immemore, quello che non viene nè mangiato nè conservato assume in questo periodo una nuova veste – come sottolinea sempre Coldiretti – ovvero viene “Trasformato in piatti del tutto nuovi”, in un crescendo della celebre “cucina del giorno dopo”: fanno la loro comparsa a tavola polpettoni di carne e polpette declinate in tantissime varianti, oppure tartare di pesce, frittate di verdure o di pasta e la ratatouille.
Per quanto riguarda la frutta secca spesso viene caramellata e riconvertita in un eccellente torrone, la frutta fresca invece viene riutilizzata per creare marmellate, macedonie o pasticciate, in un grandissimo impeto di creatività tutta appartenente al Belpaese.
Ma siccome alle latitudini italiane c’è sempre grande attenzione a “riciclare” e donare nuovo sapore anche ai dolci classici della nostra tradizione, leggasi panettone e pandoro, questi ultimi vengono “rinvigoriti” farcendoli con creme.
Tutte queste pratiche sono senza dubbio una scelta accentuata dai tempi attuali e dalla congiuntura economica e si tratta in ogni caso di un’ottima abitudine che si rivela un vero e proprio toccasana per l’ambiente, per le tasche dei cittadini e per l’economia in generale, oltretutto generando, di riflesso, un abbassamento della produzione di rifiuti. Continuando, tuttavia, a pasteggiare, vivendo le feste in totale serenità.
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