L'ex tecnico di Milan, Bologna e Sampdoria, mago dei calci di punizione e giocatore sia dei giallorossi che dei biancocelesti, si è spento a 53 anni per l'aggravarsi della leucemia
Ha lottato duramente per tutta la vita, sia da calciatore che da allenatore, Sinisa Mihajlovic, ma si è spento nel primo pomeriggio a Roma dove era ricoverato in una clinica da qualche giorno, per le complicazioni della leucemia che lo hanno messo alle corde definitivamente oggi, venerdì 16 dicembre.
Spirato ad appena 53 anni, Mihajlovic è stato un mito sportivo della sua Serbia, nazione della quale si è sempre detto fiero appartenente, molto legato alla sua patria, dove era nato, nell’allora Jugoslavia di Tito, a Vukovar, il 20 febbraio 1969.
Da padre serbo e mamma croata, aveva anche la cittadinanza italiana e quella onoraria di Bologna e ha vissuto molte vite, con splendide carriere sia in panchina che indossando gli scarpini bullonati, vestendo le maglie sia della Roma, sua prima squadra italiana, che della Lazio.
Sinisa era già diventato nonno nell’ottobre 2021, grazie alla nascita della nipotina Violante, figlia di sua figlia Virginia e del 24enne difensore del Genoa Alessandro Vogliacco.
Lascia 6 figli, 5 dei quali avuti con Arianna Rapaccioni, romana, sposata nel 1995 e conosciuta proprio ai tempi della militanza romanista.
I giallorossi lo prelevarono dal campionato serbo nei primissimi anni novanta, dopo che Sinisa aveva appena vinto la Coppa dei Campioni con la Stella Rossa nel 1990, nella finale giocata sul neutro di Bari contro i francesi dell’Olympique Marsiglia.
Malato di leucemia dal 2019, era peggiorato molto nelle ultime ore ed ha avuto al suo capezzale i familiari più stretti e il supporto di tantissimi tifosi.
La sua ultima apparizione in pubblico era stata due settimane fa alla presentazione del libro di Zdenek Zeman.
I social erano in fermento da ieri, 15 dicembre, quando un post di Clemente Mimun aveva diffuso la notizia che la sua vita era appesa a un filo.
“Miha”, come lo chiamano i suoi fan, era celebre per essere stato con buona probabilità il sovrano incontrastato dei gol su punizione degli anni novanta, rappresentando il pericolo pubblico numero 1 per i portieri di tutta Europa e della serie A.
Nella stagione 1998-1999 centrò un record tuttora imbattuto in Italia: mise a segno una tripletta direttamente da calcio da fermo in un Lazio-Sampdoria terminato 5-2, al povero Fabrizio Ferron.
Tanto che il suo tiro violentissimo era stato oggetto anni fa anche di una ricerca dell’università di Belgrado e spesso si allenava ancora anche da mister, bombardando gli estremi difensori da lui allenati.
Nel 1992 Mihajlović arriva nel campionato italiano grazie alla Roma, che lo acquista per 8,5 miliardi di lire. Con la formazione capitolina colleziona 54 presenze e 1 gol, contro il Brescia, 1 gol in Coppa UEFA contro il Dortmund, e 5 gol in Coppa Italia, di cui uno in finale contro il Torino. Un vero mito sia in Serbia che in Italia, amato in modo trasversale.
Dopo due stagioni alla Roma è passato alla Sampdoria.
Poi fa tappa tra le file dei cugini della Lazio, dove approda con la fama di stopper bomber per 22 miliardi.
E’ il periodo d’oro del terzino dal piede-dinamitardo. Con la Lazio vince 1 scudetto, 2 coppe Italia, 2 Supercoppe italiane, 1 coppa delle Coppe e 1 Supercoppa Uefa.
Chiude la carriera con il nerazzurro dell’Inter addosso dove festeggia un altro tricolore e altre due coppe Italia.
Poi diventa allenatore, sempre sornione, duro e spigoloso come quando giocava, facendo l’assistente di Roberto Mancini nel 2006 all’Inter, poi Catania, Milan, Fiorentina, Sporting Lisbona (senza mai allenarla per una querelle con i dirigenti portoghesi che lo assunsero salvo lincenziarlo poco prima dell’inizio del campionato), Torino,Sampdoria e bologna oltre alla nazionale maggiore serba.
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