Un uomo vessato e malmenato dalla moglie costretto a scappare di casa non trova assistenza in alcun Centro antiviolenza
Da mesi non può rientrare nelle sua abitazione perché subisce minacce e l’altro giorno persino le botte dalla ex compagna e dai suoi familiari. Per questo si è rivolto a uno dei centri antiviolenza aperti nella Capitale ma gli hanno risposto che quel sostegno spetta solo alle donne.
Per ora è ospitato a casa dei genitori ma rischia di dover dormire in macchina Carlo, nome di fantasia di un uomo di 45 anni di Acilia che da alcuni mesi subisce le prepotenze e persino le violenze da parte della sua ex, un’italiana di una decina d’anni più giovane, con la quale ha anche una bambina in comune. L’altro giorno Carlo è finito al pronto soccorso per le lesioni a una mano procurategli dalla ex e della sorella quando l’uomo ha cercato di rientrare nella casa della quale si è appropriata la ex. La prognosi stilata dai medici è di 15 giorni.
La “guerra” è iniziata quando è finito l’amore che ha legato i due per cinque anni. Lui, dirigente di un’azienda multinazionale, lei disoccupata, si sono allontanati irreparabilmente quando Carlo ha avuto problemi di salute e si è dovuto appoggiare temporaneamente dai genitori. La battaglia è divampata immediatamente con toni aspri. Lei, sostenendo a sua volta di essere vittima di violenze (non documentate da referti medici), ha chiesto il sequestro dei beni di proprietà di Carlo. Lui, impedito nel rientrare a casa e minacciato pesantemente dalla donna e dei suoi familiari, ha chiesto in Tribunale una misura cautelare contro la ex.
L’altro giorno, l’ennesimo tentativo di Carlo di rientrare in possesso del suo appartamento che è sfociato nell’aggressione della donna e della sorella costatagli la corsa in ospedale. Ovviamente, per l’uomo, da mesi di vedere la figlia neanche a parlarne.
Poiché l’udienza per l’adozione della misura cautelare contro la donna si terrà solo a febbraio del prossimo anno, Carlo si è messo in moto per cercare assistenza da parte dei Centri antiviolenza di Roma. E la risposta è stata che non possono fare nulla per lui perché sono strutture destinate solo alle donne. “Questo è un caso a dire il vero non raro e che mette in luce tutte le lacune di una legge, quella del cosiddetto Codice rosso, che in questa sua forma appare fortemente discriminante – commenta il difensore della vittima, l’avvocato Domenico Stamato – Sarebbe auspicabile un intervento del legislatore per ampliare anche agli uomini quali beneficiare delle forme di assistenza giuridica e materiale in caso di violenza coniugale”.