Il caso Simonetta Cesaroni: rivelazioni da una candidata del M5S

La mia relazione finale su Simonetta Cesaroni approvata dalla Commissione Antimafia“. E’ un annuncio pieno d’orgoglio e in bilico tra la cronaca e la campagna elettorale quello lanciato dalla parlamentare grillina Stefania Ascari a proposito del delitto di via Poma, il giallo dei gialli. Gli spunti per le indagini? “Fare luce sulle telefonate anonime” ricevute dalla povera Simonetta.

Delitto Cesaroni, la candidata Stefani Ascari ricostruisce i punti oscuri del delitto di via Poma

Ricorderete il caso di Via Poma. Simonetta Cesaroni era una ragazza di 20 anni: fu trovata morta la notte del 7 agosto 1990 nell’ufficio dove lavorava, in centro a Roma. Era il suo ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze ed è stato anche il suo ultimo giorno di vita. A distanza di 32 anni, ho portato il delitto di Via Poma in Commissione Antimafia con l’obiettivo di incentivare la costituzione di una commissione d’inchiesta e pochi giorni fa è stata approvata all’unanimità la mia relazione finale”, ha annunciato la Ascari, ora candidata alle prossime politiche.

Ciò che sappiamo è che, arrivata in ufficio, quel giorno probabilmente lavorò al computer, poi alle 17.05 ipoteticamente telefonò a una collega per chiederle una password e alle 17.35 la collega la richiamò per fornirgliela. Da qui il buio. Qualcuno entrò nell’ufficio e la uccise con un oggetto simile a un tagliacarte. Il corpo nudo della ragazza fu trovato trafitto da 29 coltellate”, afferma Ascari.

“Nessuno ha visto nulla, nessuna arma del delitto è stata trovata e la ricerca del colpevole ha assunto qualcosa di sinistro che ha indotto a ritenere vi siano stati interventi di depistaggio e ostacolo delle indagini”, aggiunge.

Eppure – continua la candidata grillina – questo caso si è radicato nell’opinione pubblica e mai è stato dimenticato. In Commissione abbiamo acquisito gli atti e ascoltato Paola Cesaroni, sorella della vittima, l’avvocato della famiglia, Federica Mondani e il giornalista Igor Patruno, uno dei massimi esperti del caso. Rimane estremamente probabile che l’omicida fosse di gruppo sanguigno A, come rivelano le macchie ematiche rinvenute nella stanza dove venne ritrovato il cadavere. Utile, inoltre, sarebbe riconsiderare le telefonate anonime che la Cesaroni iniziò a ricevere”. 

Cesaroni – la conclusione –  riferì ai genitori del contenuto di tali chiamate e secondo il padre, interrogato sul punto nel 1996, si trattava di un soggetto di sesso maschile, apparentemente gentile, colto, educato, che faceva degli apprezzamenti con un certo garbo. Il mistero è ancora fitto, ma in commissione abbiamo svolto un lavoro che mi auguro possa fornire un contributo alla magistratura requirente e possa essere il punto di partenza per la riproposizione di un documento volto a istituire un’inchiesta parlamentare nella prossima legislatura. Ci sono molti aspetti su cui continuare a indagare e una famiglia e un Paese che da oltre tre decenni aspetta la verità”.

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Roma, riaperte le indagini sull’omicidio di Simonetta Cesaroni