Gli Spada restano accusati dell'omicidio del boss Galleoni e di Antonini: "Carmine e Roberto mandanti e Ottavio esecutore"
L’impianto dell’accusa resta lo stesso: dietro all’omicidio di Baficchio e di Sorcanera c’è stata la mano degli Spada. E’ la conclusione del pg della Corte d’Assise d’Appello di Roma che oggi, 12 settembre, ha sollecitato tre richieste di condanna all’ergastolo per Carmine, Roberto e Ottavio Spada proprio ritenendoli colpevoli di quel duplice omicidio, uno spartiacque per gli equilibri criminali nella cittadina costiera.
Le tre richieste, sono state avanzate nell’ambito del processo bis d’appello, che – come disposto dalla Cassazione – mette al centro gli omicidi di Giovanni Galleoni detto “Baficchio” e Francesco Antonini detto “Sorcanera” avvenuti il 22 novembre 2011 in via Antonio Forni, a Ostia.
Omicidi che – secondo l’autorità giudiziaria – maturarono nel contesto di uno scontro tra clan rivali dove Carmine e Roberto, sarebbero da considerare, secondo il Pg, i mandanti del duplice omicidio, mentre Ottavio, oltre che mandante anche esecutore del delitto.
Al processo di oggi si è giunti dopo che la Corte di Cassazione, a gennaio, ha riconosciuto l’aggravante dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, disponendo un secondo giudizio in Appello proprio per gli omicidi.
Per la Corte di cassazione il Clan Spada era una consorteria qualificabile come una “nuova mafia” ovvero una “piccola mafia” non appartenente al patrimonio storico di Cosa nostra, ‘ndrangheta o camorra.
A luglio, intanto, erano state rese note le motivazioni della condanna che avevano portato la Corte di Cassazione ad attribuire l’aggravante dell’associazione a delinquere di stampo mafioso nei confronti degli appartenenti alla famiglia di Ostia. Motivazioni che fanno del loro perno la forza intimidatrice del gruppo e l’assoggettamento omertoso che avrebbero per anni provocato.
«Correttamente il gruppo Spada è stato annoverato fra le altre associazioni, comunque localmente denominate, che, valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo, perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso”, la motivazione dei supremi giudici.
Per i quali nell’articolazione del gruppo criminale sarebbe stato trovato “il minimo comune denominatore necessario per ritenere costituita e operante l’associazione mafiosa, ossia l’impiego sistemico del metodo mafioso in guisa tale da ingenerare nella platea che con esso si pone in relazione la condizione diffusa dell’assoggettamento omertoso, essendo emersa la capacità della consorteria di dispiegare il metodo intimidatorio promanante dal vincolo”.
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