Tredici le udienze necessarie per arrivare alla sentenza di primo grado a quasi un anno dall'arresto dell'uomo
Dopo quasi un anno dal suo arresto, giunto nell’agosto dello scorso anno (leggi qui) è arrivata la dura sentenza per il 42enne soprannominato “lo sciamano di Anzio”. Per i maltrattamenti in serie perpetrati ai danni della ex compagna, una 35enne polacca, malmenata e segregata in casa, c’è adesso la sentenza di primo grado.
Due anni e quattro mesi di reclusione, al termine di articolate indagini, con le forze dell’ordine che, raccogliendo numerose testimonianze ed evidenze delle violenze subite, come quando “lo sciamano” le tirò una tazza di coccio lesionandole il tendine di un braccio, o accelerò con la macchina per impedirle di scendere dal mezzo ed aveva avuto un incidente che provocò alla donna la frattura di una vertebra lombare con prognosi di 25 giorni.
Tredici le udienze necessarie per arrivare a sentenza e più si andava avanti e più si scoprivano particolari orribili, dopo la denuncia della donna: non poteva usare il telefonino e poteva mangiare solo quello che “lo sciamano” le preparava.
La donna, sostenuta dal centro antiviolenza di Nettuno “Marielle Franco” e dall’avvocato del tribunale di Velletri Sabrina Lucantoni le evidenze contro il 42enne sono diventate schiaccianti ed incontrovertibili.
Dopo il rinvio a giudizio dei mesi scorsi, ecco in questi giorni la sentenza di primo grado pronunciata dal giudice monocratico del tribunale di Velletri con la condanna a due anni e quattro mesi da scontare, per ora, agli arresti domiciliari, unitamente al l pagamento di 10mila euro di risarcimento per i reati di maltrattamento nei confronti della ex compagna, che ora vive in una zona protetta, lontana dal suo bruto assalitore.
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