Una scoperta significativa che potrebbe cambiare del tutto la trattazione di questo tipo di tumore
Nella lotta contro il tumore al seno arriva un nuovo alleato: scoperto infatti un anticorpo monoclonale cosiddetto coniugato, in quanto lega l’anticorpo trastuzumab con la molecola inibitore deruxtecan, che interrompe la replicazione del Dna nelle cellule tumorali.
Quest’ultimo ha infatti dimostrato di migliorare la sopravvivenza globale e di raddoppiare la sopravvivenza libera da progressione della malattia rispetto alla chemioterapia standard nelle donne con cancro al seno metastatico con bassa espressione della proteina Her2 (Her2-low).
Lo testimoniano i risultati dello studio DESTINY-Breast04 su 557 pazienti in Asia, Europa e Nord America.
Lo studio in questione è stato presentato in assemblea plenaria – per la sua particolare rilevanza – al congresso della Società americana di oncologia clinica (ASCO).
L’anticorpo monoclonale trastuzumab era già usato per trattare i tumori al seno con espressione della proteina Her2 (Her2 positivi), ma si è dimostrato inefficace contro i tumori senza espressione di Her2 (Her2 negativi).
La combinazione coniugata si è invece dimostrata efficace se il tumore al seno presenti una bassa espressione di Her2 e questo allarga notevolmente la platea di pazienti che potranno essere trattate, dando così vita ad una nuova categoria di pazienti, ossia quelli con tumore al seno Her2-low.
Ad una verifica dopo 18 mesi, le pazienti che avevano ricevuto l’anticorpo coniugato hanno evidenziato una riduzione del 49% del rischio di progressione del cancro e del 36% del rischio di morte rispetto a coloro che hanno ricevuto chemioterapia standard.
In più hanno evidenziato una sopravvivenza libera da progressione – si tratta del tempo durante il quale il tumore era stabile o ridotto – di 10,1 mesi contro 5,4 mesi per coloro che avevano ricevuto chemioterapia standard, ed una sopravvivenza globale di 23,9 mesi contro 17,5 mesi.
“Il nostro studio mostra che trastuzumab deruxtecan può essere una nuova opzione terapeutica disponibile per questa popolazione di pazienti appena definita“. Queste le affermazioni dell’autore principale Shanu Modi, del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York.
“Diventa importante che i pazienti – prosegue Shanu – sappiano dunque quale livello di proteina HER2 esprime il loro cancro, non solo se è positivo o negativo a questa proteina, in particolare perché lo stato di HER2 basso può essere determinato utilizzando test comunemente disponibili”.
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