I dolori addominali erano stati scambiati per gastrite, ma erano la spia di un infarto. Una dottoressa a processo: sottovalutato l'elettrocardiogramma
I dolori lancinanti al petto scambiati per gastrite, ma era un infarto in corso. Per la procura di Roma se a Giuseppe Mura, 53 anni, operaio di Primavalle, addetto al reparto assistenza volo dell’aeroporto di Ciampino, fosse stata garantita una giusta diagnosi non sarebbe morto nel giro di poche ore dalle dimissioni dall’ospedale romano Cristo Re.
Ora per quella morte dovrà rispondere con l’accusa di omicidio colposo il medico, la dottoressa di turno, che ha visitato e firmato le dimissioni del paziente: “E’ solo una gastrite, segua una terapia specifica”.
Il paziente, si legge nella ricostruzione degli inquirenti, soffriva di un “dolore addominale epigastrico”.
Per questo i medici consigliavano “Pantorc a digiuno per un mese, da assumere insieme a Gaviscon Advance in bustine dopo i pasti e prima di coricarsi per sette giorni, e sciroppo Peridon trenta minuti prima di pranzo e cena”.
Il pm Vincenzo Barba, dopo aver esaminato la consulenza medica del caso, è giunto alla doppia conclusione che il paziente era curabile e che la diagnosi ospedaliera era sbagliata.
Per questo motivo il medico del pronto soccorso in servizio quella notte – era il 25 novembre del 2019 – si ritroverà ad affrontare un processo davanti al giudice monocratico di Roma.
A disporre il rinvio a giudizio ieri, martedì 10 maggio, il gup del tribunale di Roma, Tamara De Amicis.
L’operaio di Primavalle era uscito dall’ospedale intorno a mezzanotte assieme alla moglie. Tornato a casa, però, la situazione è peggiorata. Tre ore dopo le dimissioni ha accusato un forte dolore. Inutile a quel punto ogni soccorso: alle 6.50 un medico legale ha registrato la sua morte.
Dalla cartella clinica è poi emerso che il paziente sarebbe stato visitato in maniera sbrigativa. L’ingresso al pronto soccorso del Cristo Re è stato registrato alle 22.50 con dimissioni a meno di un’ora, alle 23.47, e per di più dopo una lunga attesa.
La moglie e il figlio allora diciottenne si sono costituiti parte civili nel processo, una dottoressa che avrebbe sottovalutato il risultato dell’elettrocardiogramma.
Anche se era al limite della norma, come registrato in cartella clinica, presentava comunque delle anomalie che sarebbero dovute essere esaminate con più attenzione considerati i sintomi, dolori addominali a intermittenza, “possibili manifestazioni atipiche di una sindrome coronarica acuta” e quindi un grave infarto e non gastrite.
L’uomo, infatti, è poi morto per la rottura di una placca coronarica avvenuta poco prima di entrare in ospedale.
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