Agente ucciso, killer assolto: il padre “E’ una vergogna”

Mi vergogno di essere un italiano. Mio figlio, un agente di polizia, è stato ucciso in servizio dentro una Questura e chi lo ha ucciso è stato assolto”. Ha usato parole forti il padre di Matteo Demengo subito dopo la lettura della sentenza che ha assolto per vizio di mente l’assassino del figlio, l’agente di polizia romano, originario di Velletri, ucciso con 4 colpi di pistola il 4 ottobre 2019 nella Questura di Trieste assieme al collega Pierluigi Riotta.

L’agente romano era stato ucciso dentro la Questura di Trieste mentre tentava di soccorre un collega

Lo sfogo del padre di Matteo Demengo è del pomeriggio di venerdì 6 maggio. Appena la  Corte di Assise di Trieste pronuncia l’assoluzione per vizio di mente di Alejandro Meran, il cittadino dominicano che uccise il figlio, un suo collega e sparò su altri sette agenti, ferendoli, l’uomo resta sbigottito: “Ha ucciso centrandoli e poi ha tentato di fuggire...M’aspettavo giustizia per mio figlio, un agente di polizia dello Stato morto in servizio“.

Una assoluzione che ha escluso il carcere per l’imputato, ma previsto per la pericolosità sociale 30 anni obbligatori in una Rems, centri di cura psichiatrici speciali.

Alla base della decisione la perizia cruciale di Stefano Ferracuti, l’esperto romano in Medicina Criminologica e Psichiatria Forense nominato dai giudici.

Il signor Meran al momento in cui è stato portato in Questura era in una situazione di delirio persecutorio, conseguentemente era anche molto spaventato, percezione complessiva dell’ambiente intorno a lui come espressione di un cambiamento del mondo in termini a lui ostili e minacciosi”, ha scritto lo psichiatra. Quindi avrebbe sparato “per assicurarsi nel suo delirio la sopravvivenza”.

Meran era stato accompagnato dal fratello in Questura per mettere a conoscenza che Alejandro aveva rubato un motorino specificando che aveva “problemi di mente”.

Inspiegabilmente Meran era riuscito – nel giro di 5 minuti e 30 secondi – a afferrare la pistola di uno degli agenti in servizio, Riotta, e a fare fuoco senza motivo uccidendo prima lo stesso Riotta e poi l’agente romano, Matteo Demengo,  intervenuto in suo soccorso e quindi a caso su altri sette agenti.

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