Atto d’accusa da parte della Fondazione Gimbe sull’evoluzione del Covd in Italia. Ancora troppi contagi e ricoveri: solo 21mila trattamenti antivirali finora in Italia
Continua ad aumentare, seppure solo del 5,2% e in misura minore rispetto alla scorsa settimana, il numero dei malati Covid ricoverati nei reparti ospedalieri, mentre tornano a scendere quelli in terapia intensiva, che vedono un -3,3%. Lo rileva il nuovo monitoraggio Gimbe, che sottolinea come sia «mutato negli ultimi 6 mesi, il quadro degli ospedalizzati, con un incremento dei ricoverati con sintomi a cui non corrisponde un aumento di ricoveri in intensiva».
Dal 30 marzo al 5 aprile, i ricoverati in Italia con sintomi sono stati 10.246 rispetto ai 9.740 (+506), mentre i pazienti in terapia intensiva sono scesi da 487 a 471 (-16).
«È importante rilevare – commenta Nino Cartabellotta, presidente Fondazione – che il quadro dei pazienti ospedalizzati è notevolmente mutato negli ultimi 6 mesi, sia per effetto delle coperture vaccinali e relativi booster, sia per la progressiva sostituzione della variante delta con quella omicron, più contagiosa, ma meno severa». In particolare, se a fine ottobre veniva ricoverato il 3,22% degli attualmente positivi in area medica e lo 0,47% in terapia intensiva, oggi queste percentuali sono crollate rispettivamente allo 0,78% ed allo 0,04%. Inoltre, prosegue, «se il recente rialzo dei casi ha determinato in tre settimane un incremento di oltre 2.000 posti letto in area medica, in area critica al momento si osserva un plateau. Questo dimostra che si è ridotto in maniera rilevante il numero di pazienti Covid-19 ospedalizzati per polmonite severa che richiedono un ricovero in terapia intensiva – conclude – mentre vengono ospedalizzati soprattutto anziani con patologie multiple che possono essere assistiti nei reparti ordinari».
Oltre al declino della copertura data del booster o terza dose, un’ulteriore causa di ospedalizzazioni e decessi per covid-19 può essere legata al sottoutilizzo dei farmaci antivirali. Ne sono stati prescritti finora circa 21.000 trattamenti in tutta Italia nell’arco di quasi tre mesi. Numeri «troppo esigui», imputabili «alla mancata abilitazione dei medici di famiglia alla loro prescrizione». La Fondazione Gimbe, aggiunge che si corre il rischio che ne restino «scorte inutilizzate».
Come riportato dal Report dell’Agenzia italiana del Farmaco Aifa del 25 marzo 2022, sui trattamenti antivirali disponibili per pazienti non ospedalizzati, finora sono state avviate 4.052 terapie con Paxlovid (in 42 giorni dall’inizio del monitoraggio), 12.149 con Molnupiravir (in 83 giorni) e 5.100 con Remdesivir (in 83 giorni).
Gli antivirali sono raccomandati, in teoria, a una larga platea di persone in Italia, ovvero a tutti «gli adulti non ospedalizzati per Covid-19 e non in ossigeno-terapia con insorgenza di sintomi da non oltre 7 giorni e in presenza di condizioni cliniche che rappresentino dei fattori di rischio per lo sviluppo di Covid-19 grave».
«Il sottoutilizzo di questi farmaci – evidenzia Cartabellotta – è da imputare alla mancata abilitazione dei medici di famiglia alla loro prescrizione, oltre che all’erogazione esclusiva nelle farmacie ospedaliere e non in quelle territoriali. Considerato che l’accordo 2022 per la fornitura di Paxlovid ammonta a 600 mila trattamenti (per un totale di 400 milioni di euro), in assenza di un adeguato modello organizzativo in grado di garantire la necessaria tempestività della prescrizione, si rischia che le scorte rimangano inutilizzate come già accaduto per gli anticorpi monoclonali».
canaledieci.it è su Google News:
per essere sempre aggiornato sulle nostre notizie clicca su questo link e digita la stellina in alto a destra per seguire la fonte.