È ormai piuttosto noto cosa sia il mercato di crediti obbligatori di emissioni europee ma rimane meno sotto i riflettori il mercato volontario degli stessi.
Nuove opportunità di business per il settore dell’agricoltura: il mercato volontario di crediti di carbonio
Il famoso Emission Trade System (ETS) fu lanciato nel 2005 dall’Unione Europea come pilastro della lotta al cambiamento climatico. Questo meccanismo prevedeva di stabilire delle quote di emissioni delle quali ogni azienda potesse usufruire, senza andare oltre un certo livello.
Qualora l’azienda in questione avesse necessitato di ulteriori emissioni per continuare il proprio business avrebbe dovuto rivolgersi obbligatoriamente al mercato dei crediti di carbonio. In questo mercato fittizio aziende virtuose e meno (in termini di sostenibilità) possono tuttora scambiarsi i titoli ad emettere CO2, definendone dunque il prezzo in tonnellate risparmiate.
Questo rivoluzionario sistema ha consentito per anni di far adattare i business più dipendenti da pratiche inquinanti verso una progressiva decarbonizzazione. Infatti, quando il prezzo della CO2 in tonnellate è giunto a divenire sostanzioso ha creato non pochi problemi di conti aziendali a chi faticava ad adattarsi a disinquinare.
Questo meccanismo ha dato il via ad una spirale di innovazione, sostenibilità e credibilità, in quanto ha contribuito a dare una netta divisione tra aziende debitrici di CO2 e aziende creditrici al passo con i tempi e con il portafoglio pieno.
Dell’ETS fanno parte diversi settori industriali ad alta intensità energetica, comprese raffinerie di petrolio, acciaierie, produzioni di carta, prodotti chimici organici e l’aviazione. Non rientrano nella lista ancora diversi settori, che sicuramente sono meno impattanti al livello globale ma che desiderano da anni uno slancio verso la sostenibilità e dunque un riconoscimento monetario come dei crediti di CO2.
È difficile stimare di quanta percentuale di CO2 globale è responsabile l’agricoltura ma questo valore dovrebbe essere vicino al 20%. Questo dipende da diversi fattori ma il più importante è sicuramente l’utilizzo di pesticidi.
Il compito dell’agricoltura nella lotta al cambiamento climatico è fondamentale poiché questa non solo può influenzarlo ma ne può essere fortemente afflitta. Al contempo però l’agricoltura e le foreste possono assorbire il carbonio dall’atmosfera, dunque hanno un potenziale enorme. Le tecniche di stoccaggio di CO2 nei suoli sono disparate e sono fortemente legate ad un utilizzo responsabile della terra, coltivando in maniera biologica. Il mercato di crediti volontari nasce dunque in compensazione al mercato obbligatorio dei crediti, per coinvolgere piccole e medie imprese agricole nella possibilità di avere redditi ulteriori derivanti dallo scambio di CO2.
Quando gli agricoltori dunque scelgono un utilizzo responsabile dei suoli, è giusto che ricevano dei compensi. Questi provengono spesso dal mercato volontario dei crediti di carbonio, dove aziende meno virtuose si occupano di finanziare progetti agricoli e forestali (per motivi piuttosto ancora legati alla pubblicità verde che ne deriva).
Le normative italiane ed europee sono ancora poco definite e piuttosto confuse in materia, ma si stima che il mercato di crediti volontario sia in forte crescita dal 2021 e che presto sarà integrato a quello obbligatorio Europeo. In questo si garantiranno grandi nuovi flussi di reddito per gli agricoltori europei, che verranno finanziati dalle aziende più inquinanti al fine di neutralizzare le loro emissioni. Sicuramente questi dati fanno sperare in un’Europa che possa raggiungere la tanto sperata neutralità climatica entro il 2030.
Alessia Pasotto, dottoressa in Economia dell’Ambiente e dello Sviluppo.
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