E’ durata pochi giorni la latitanza di Francesco Dante, l’ex terrorista nero, che ha fatto sparire le tracce da Passoscuro, Fiumicino, dove abitava, dopo che la Cassazione il 9 febbraio ha emesso una condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio dell’agente di polizia stradale Giovanni Di Leonardo, freddato nel 1985 sull’A24 all’altezza di Castel Madama.
L’ex terrorista, un 59enne di Fiumicino, è stato catturato a Capodistria; beveva caffè in un bar
L’ex terrorista, 59 anni, è stato catturato in Slovenia, a Capodistria; beveva caffè in un bar, non si aspettava l’arresto. Ora si attende l’estradizione.
Dante, 59 anni, un tempo vicino ai Nuclei Armati Rivoluzionari, dovrà scontare la condanna a vita per un reato risalente a trentasei anni fa e per cui non ha mai avuto misure restrittive. La svolta nelle indagini è avvenuta solo qualche anno fa, grazie a una foto mostrata a Chi l’ha visto? Riavviate le indagini, circoscrivendole nell’ambiente di estrema destra, si è proceduto alle comparazioni delle impronte digitali con mezzi tecnologici ormai moderni. Da qui prima l’iscrizione del registro degli indagati dell’ex terrorista e poi il processo. Dei complici non si è mai saputo nulla. E comunque Dante ha sempre respinto le accuse.
Una imboscata per le armi. Erano le due mattino del primo maggio 1985 quando una pattuglia della Polizia Stradale di Roma – di cui l’agente scelto Giovanni Di Leonardo era capo equipaggio – mentre percorre la Roma L’Aquila nota presso lo svincolo di Castel Madama una Volkswagen Golf ferma sulla corsia di emergenza e due uomini che facevano loro segno di fermarsi. Di Leonardo viene freddato appena sceso dalla vettura, il collega ferito: i colpi partono dietro dei cespugli. I due agenti vengono disarmati e legati con le stesse manette e gettati in un canale di scolo. L’assalto verrà rivendicato dai Nar.
Per anni le indagini non portarono a nulla. Poi nel 2014 il ritrovamento di una foto mostrata da Chi l’ha visto? riportò l’attenzione sul caso. Le ombre si diradarono definitivamente grazie alla comparazione di due impronte palmari, una ritrovata sull’auto della polizia stradale il giorno della morte di Di Leonardo e una seconda risalente al 1989, prelevata in occasione di un arresto che però non coinvolse direttamente Dante.
A portare prima sotto inchiesta e poi alla condanna definitiva l’ex terrorista l’inchiesta avviata dal pm della procura di Roma Erminio Amelio.
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