Il documentario del Dj Corrado Rizza ripercorre i fasti della nightlife Capitolina a partire dalla fondazione della prima grande discoteca di Roma, il Piper
Roma Caput Disco, Uno splendido docu-film ispirato al libro ‘I Love The Nightlife’ dei due dj romani Corrado Rizza e Marco Trani andrà in onda in chiaro su Rai 5 il 18 gennaio alle ore 22.50.
Si tratta di un lavoro molto articolato avviato anni fa con l’amico e collega Marco Trani e poi, a seguito della sua scomparsa, avvenuta nel 2013, Corrado Rizza, Dj ora residente a Miami ma sempre legatissimo alla capitale, la sua città – lo aveva lasciato nel cassetto per anni per completarlo solo nel 2021.
Il docufilm racconta della nascita delle discoteche a Roma e dell’evoluzione della professione del disc jockey, che oggi ha raggiunto la massima visibilità mediatica a livello internazionale con la consacrazione di alcuni di loro a vere e proprie pop star internazionali.
Dalla metà degli anni ’60, in piena Dolce Vita felliniana, a seguito dell’apertura del mitico Piper Club, in Via Tagliamento, Roma è diventata la capitale indiscussa del divertimento italiano. Negli anni ’70 aprono discoteche leggendarie come il Jackie’O, il Mais ed il Much More e club gay, come l’Alibi e l’Easy Going.
Si giunge dunque ai favolosi anni ’80 che sono stati invece gli anni dell’Histeria e del Gilda, ma anche di molti altri club indimenticabili, come l’Open Gate e le Stelle.
“Con l’apertura del Piper – rammenta Corrado Rizza – nel 1965 si è vista a Roma per la prima volta la figura del dj con Giuseppe Farnetti”. Il documentario racconta anche che alcuni artisti italiani, oggi famosi in vari settori, hanno iniziato la loro carriera facendo proprio i disc jockey. Parliamo di Renzo Arbore, Roberto D’Agostino, Jovanotti e Fiorello.
Tramite interviste esclusive, filmati vintage, spezzoni di film e foto rarissime, il documentario mostra una Roma dal fascino glamour capace di reggere il confronto con città come New York, Parigi e Londra.
Quelli sono stati gli anni in cui Roma è stata invasa dalle star dello spettacolo, ma anche dai personaggi della politica e del jet set internazionale, vivendo così una sua seconda ‘Dolce Vita’.
Una Dolce Vita che via via negli anni è svanita dopo l’avvento dell’inchiesta giudiziaria Mani Pulite che ha cambiato lo scenario del nostro Paese agli inizi degli anni Novanta”.
La voce narrante del film è quella dell’attore Pino Insegno.
In un periodo di pandemia da Covid-19 ancora imperante, per le discoteche ancora non si vede la luce in fondo al tunnel. Per ironia della sorte, proprio nell’ultimo anno e mezzo sono usciti diversi documentari che raccontano la club culture italiana. E lo fanno molto bene.
Il documentario è un genere cinematografico che grazie alle piattaforme di streaming è letteralmente esploso, passando da nicchia per appassionati a genere di intrattenimento di massa a tutti gli effetti. Complici formati di riprese sempre più accattivanti e script certamente più smaliziati che in passato, oggi i documentari sono spesso popolari quanto se non più di film e serie tv
Corrado Rizza, dj e personaggio storico della Roma notturna, ora vive a Miami ma è sempre attento a ciò che succede nella Capitale.
Rizza ha raccolto e messo in ordine tantissimo materiale, ricostruendo la storia della Capitale vista dalla lente della consolle. “A Roma, in via Tagliamento, nel 1965 si è vista la prima discoteca italiana, dove Alberigo Crocetta metteva i dischi prima della band del locale, Gli Svelti, che poi erano i Rokes di Shel Shapiro. Quella discoteca naturalmente era il Piper Club ed è diventata uno dei simboli della Roma del clubbing, entrando di diritto nell’immaginario collettivo italiano”.
Abbiamo intervistato in esclusiva Corrado Rizza per avere ulteriori impressioni su quegli anni ruggenti, carichi di fascino e sulla lavorazione del film, ed al riguardo, il Dj e produttore musicale di fama internazionale risponde così: “Quello che mi regala maggiore emozione pensando a questo documentario è che forse Marco Trani, mio caro amico che era Dj come me e aveva iniziato il progetto del docufilm che vedrete, mi abbia dato una mano da lassù, dalle praterie celesti dove si trova ora. Ha avuto un successo per certi versi sorprendente, e io lo feci uscire nel 2021 proprio il 21 settembre, il giorno della sua morte, per ricordarlo. Lo ho terminato anche in memoria sua e spero ne sarà orgoglioso”.
Vuole evidenziare il valore della gavetta che tanti dj dell’epoca ancora facevano, con molti sacrifici per affermarsi: “Io non amo chi con un telefono di ultima generazione si spaccia subito per grande fotografo, così come con i mezzi di oggi tanti giovani si sentono subito dj di talento solo perché sono appassionati di musica.
In Roma Caput Disco si respira la passione per la sperimentazione di tanti Dj che si sono formati partendo veramente dal basso, dai piatti di casa a sperimentare, ad affinare la tecnica per poi fare esperienza nei locali ed arrivare ai grandi club come vedete nella pellicola, fino ad arrivare a templi della musica come era allora il Piper.
Ecco, io voglio passare questa atmosfera di amore disinteressato, di persone che come me, come Fiorello, come Jovanotti, non pensavano subito a far soldi o alle grandi platee, ma facevano musica col cuore semplicemente perché erano dei creativi che con le note esprimevano sé stessi e questa atmosfera oggigiorno non si può replicare, non esiste più”.
In particolare racconta qualche aneddoto della lavorazione: “Io non sono sorpreso della bellezza del documentario e posso assicurare che è stata una gioia essere scelti dalla Rai, e poi il fatto che vada in onda su Rai 5, dopo essere partito nella visione sul portale Vimeo, rende merito allo charme di quel periodo, vuol dire che quelli erano davvero anni affascinanti, che attirano. Rai 5 è il canale culturale per eccellenza, e che sia stato notato senza alcuna forma di ‘raccomandazione’ è una ulteriore soddisfazione.
Ad esempio, i personaggi che vedete nel film come Fiorello, si sono lasciati prendere molto dalla narrazione e i loro racconti prendono la forza della nostalgia, dei tempi di vita vissuta in cui Rosario (Fiorello) era animatore con me alla Valtur ed io ero il dj del villaggio. Tempi unici, che hanno segnato persone e la musica è l’emblema di quel periodo per molti di noi, marcando un’epoca”.
Inoltre, una raccomandazione ai giovani: “Ripeto, credete nei vostri sogni, esprimetevi, lavorate duro e continuate affinchè il vostro lavoro venga notato, come è accaduto in questo caso per me con la Rai, perché con le possibilità di diffusione dei media odierni, tutto è possibile, per chi ci crede”.
Infine un plauso alla scuola di Dj delle nostre latitudini, quando Rizza spiega: “Ostia e zone limitrofe sono e restano una grande scuola per chi ama fare questa professione, perché tanti bravissimi dj vengono da Ostia, come Pino Tedesco, Luigi Guida, lo stesso Marco Trani era di Casalpalocco e ce ne sono tanti bravi come lui che spero emergeranno nel tempo dal vostro territorio”.
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