Litorale Sud

Pomezia, traffico di stupefacenti alle case popolari: arrestata anche Fabiola Moretti

Pomezia, scoperta nel "fortino", l'esistenza di due sodalizi criminali dediti al traffico di stupefacenti: per 18 dei 21 indagati, la misura cautelare in carcere

Pomezia: Un vero e proprio centro dello spaccio tra via degli Astrini e via dei Papiri, a Santa Palomba al confine tra la Capitale ed il comune di Pomezia, che di fatto era zona franca in mano a due gruppi criminali specializzati nel narcotraffico di cocaina. Centinaia le dosi vendute ogni giorno. 21 le persone finite in manette nel corso di un blitz anticrimine dei carabinieri della compagnia di Pomezia e della stazione del Divino Amore, e tra esse anche Fabiola Moretti, 67 anni e Nefertari Mancini, 27 anni, ex compagnia e figlia del boss della Banda della Magliana Antonio Mancini.

Le donne erano l’anello di congiunzione tra la malavita campana che riforniva la droga e i pusher che spacciavano nella roccaforte di Santa Palomba. Un gigantesco centro di spaccio radicato nello stesso comprensorio che agivano secondo un patto di non belligeranza tra i due gruppi, quello dei “Faina” e quello dei “Fabeni”.

Pomezia, scoperta nel “fortino”, l’esistenza di due sodalizi criminali dediti al traffico di stupefacenti: per 18 dei 21 indagati, la misura cautelare in carcere

Un provvedimento scattato dopo lunghe indagini, condotte tra i mesi di febbraio e novembre del 2019, dalla Dda e dai carabinieri, che hanno consentito che hanno portato allo scoperto l’esistenza di due sodalizi criminali dediti al traffico di stupefacenti e allo spaccio al dettaglio, operanti principalmente nella periferia a sud di Roma.

L’attività criminale nonché la base dove avveniva la detenzione e lo spaccio, è stata individuata tra via dei Papiri e via degli Astrini, un agglomerato di case popolari, chiamato “il Fortino” per la sua conformazione.

La posizione dei caseggiato, circondato da campagna e “protetto” da una recinzione, favoriva, attraverso un sistema di vedette, l’avvistamento di mezzi e veicoli ritenuti sospetti, visibili anche a lunga distanza. Questo consentiva agli indagati di rendere particolarmente complesso ogni tentativo di controllo ed avvicinamento da parte delle Forze dell’ordine.

Qui all’interno del comprensorio apparentemente “impenetrabile”, era stata costituita dagli indagati, molti dei quali noti pregiudicati, una rete criminale piuttosto strutturata, dove i diversi componenti avevano ciascuno un ruolo preciso, e tutti finalizzati al procurarsi e smerciare al dettaglio, ingenti quantitativi di cocaina, hashish e marijuana.

Le indagini sono state condotte anche attraverso intercettazione delle conversazioni che hanno permesso di accertare che gli indagati conversavano in modo criptico e simbolico.

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