Caos agli imbarchi per via dei moduli che devono essere compilati a seconda della destinazione. Difficoltà a reperire le mascherine di tipo FFP2
Voglia di viaggiare poca. E quando ci si scontra con inefficienze e caos per imbarcarsi su un volo, quel desiderio diventa addirittura incubo. Lo sanno bene i passeggeri che affrontano in questi giorni i varchi d’accesso ai gate dell’aeroporto di Fiumicino.
Il turismo è gravemente in crisi, sia in entrata che in uscita dall’Italia (leggi qui). Se poi ci si aggiungono i paletti di natura burocratica e gli obblighi di rispetto delle misure preventive, viene ulteriormente disincentivata quella minima percentuale di viaggiatori che per dovere o per piacere hanno deciso di spostarsi durante le festività.
Il primo intoppo riguarda l’obbligo di mascherine FFP2 a bordo degli aeromobili (leggi qui). Questo tipo di mascherina chirurgica sembra difficile da trovare e gli addetti allo scalo di Fiumicino per autorizzare l’imbarco devono controllare che tutti i viaggiatori ne siano provvisti. In aiuto degli operatori ci sono i ripetuti annunci, mediante gli altoparlanti dei terminal e ai check-in da parte dei vettori, che ricordano loro di dotarsi delle mascherine FFP2. “L’ho dimenticata, ho questa mascherina chirurgica semplice, non va bene ugualmente?” si sentono ripetere gli addetti al check in dai passeggeri. No, non è la stessa cosa e si rischia di non partire se non si ha con sé una FFP2, ormai rara da trovarsi presso le farmacie dell’aeroporto.
Dalla società di gestione dello scalo si fa presente che, da tempo, sono stati predisposti sia nelle aerostazioni, sia oltre-frontiera, numerosi distributori di mascherine FFP2 per chi ne fosse sprovvisto.
C’è poi il problema della modulistica da compilare. “Viaggiare è diventato un caos. Almeno tre passeggeri per ogni volo rimangono a terra perché non hanno la documentazione richiesta per entrare nel paese di destinazione” lamentano su Repubblica gli operatori delle compagnie aeree. “Non si vede la luce in fondo al tunnel. Se ci fosse una regola unica almeno per accedere ai paesi Ue sarebbe già meglio, ma ogni paese ha regole specifiche che per di più cambiano in continuazione“: osserva un’addetta, come riporta l’articolo di Salvatore Giuffrida.
I casi di passeggeri che hanno incontrato difficoltà a partire sono innumerevoli. Nel giorno di Santo Stefano, due ragazzi per Londra avevano il cellulare scarico e non potevano scaricare i moduli: hanno perso il volo e sono stati protetti su una partenza successiva ma ogni caso è diventato un incubo. Una coppia tunisina non ha potuto scaricare il Qr Code con le informazioni sulla documentazione richiesta per viaggiare e, quindi, non sapendo che Tunisi non accetta chi ha avuto il Covid, anche se guarito o con vaccino, è rimasta a terra. Problemi anche per una famiglia di Rieti che doveva andare in Perù per passare il Capodanno ma non aveva l’assicurazione sanitaria. Due ragazze che dovevano andare in vacanza alle Mauritius non sapevano che dovevano presentare una certificazione della Asl di avvenuta guarigione dal Covid: per fortuna il padre di una delle due è medico e il casus si è potuto risolvere.
“Il nostro lavoro è cambiato, è un countdown continuo – segnala Claudia Di Furia, da 26 anni in servizio per Alitalia ora Ita – non c’è giorno in cui ogni paese non cambi le regole di accesso o di uscita e tutto questo va a discapito di chi viaggia. Se compro un biglietto per New York oggi per viaggiare fra una settimana le regole sono diverse“. Prendiamo ad esempio New York: per andare nella Grande Mela bisogna presentare al check in di Fiumicino un tampone antigenico entro 24 ore o un molecolare fatto 48 ore prima, un modulo cartaceo in inglese con i propri dati personali e sanitari, un’autocertificazione contro il Covid e il green pass.
Per il Sudamerica è tutto diverso: oltre ai documenti già citati si deve presentare anche un’assicurazione sanitaria privata che scarichi il sistema sanitario locale in caso di malattia.