A metà stagione si impone un primo bilancio per le squadre della Capitale. I top & flop di Roma e Lazio
Fine della prima parte della stagione e, come da rito, è tempo di bilanci per le squadre della Capitale. Insomma, Top & Flop rispetto alle previsioni si impongono nell’analisi della prima parte del campionato, anche nella speranza che chi di dovere, tra management e reparto tecnico delle rispettive società, prenda le contromisure e sappia far crescere il livello della resa agonistica nel finale di torneo.
Il nostro, ovviamente, è un parere, una valutazione fatta sulla scorta delle gare sinora disputate e rispetto alle aspettative delle tifoserie di Roma e Lazio. Pertanto, è un giudizio opinabile e legittimamente non condivisibile. D’altra parte, trattare di calcio è bello anche perchè ciascuno si forma un giudizio personale e ogni sentimento è rispettabilissimo.
Tifosi. Impossibile non partire da qui: dalla battaglia vinta contro la Lega per suonare l’inno a ridosso del calcio d’inizio, ai sette sold-out dell’Olimpico. L’arrivo di Mourinho ha svolto la funzione di collante tra squadra e tifosi: l’empatia ritrovata è la cosa più bella di questo inizio di stagione. I giallorossi sono primi in Serie A per percentuale di riempimento dello Stadio, da quando si è passati al 75% della capienza la media è di 48.500 spettatori.
Atteggiamento. José Mourinho è stato chiamato a Roma con una missione precisa: vincere. Per riuscire nell’impresa però è necessario prima di tutto creare una mentalità vincente. La crescita più evidente della squadra in questa stagione è proprio in questo aspetto: atteggiamento, approccio alla partita e capacità di resistere sotto pressione dando quel qualcosa in più.
Abraham. Inevitabile andare su qualche singolo. Arrivato in extremis dopo l’addio di Dzeko, l’inglese si è calato (e integrato) alla perfezione nel nuovo ambiente, fin dal giorno uno della sua avventura romana. Oltre ai sette legni colpiti, Abraham ha già messo a segno 12 reti ed è attualmente il quinto miglior impatto per un nuovo attaccante nella storia della Roma. Considerando la metà restante di stagione questo dato non può che migliorare.
Karsdorp. Il terzino olandese si è riscoperto importante ad alti livelli lo scorso anno con Paulo Fonseca chiudendo la stagione con 45 partite giocate, ma sotto la guida di Mourinho si sta confermando insostituibile. Quest’anno, complice anche la mancanza di un’alternativa vera, ha giocato 24 partite su 27, tutte da titolare.
Ibanez. Sempre presente tra Serie A e Conference League, il centrale brasiliano è forse l’esempio più riuscito del lavoro di Mourinho sui giocatori. Dopo un anno e mezzo di prestazioni altalenanti, tra grandi recuperi ed errori grossolani, in questa stagione Ibanez ha trovato continuità di rendimento e una concentrazione quasi sorprendente. Inoltre ha già segnato 4 gol.
Giovani. Sul fatto che Mourinho sia un allenatore da giocatori forti ed esperti è difficile controbattere, d’altronde è lo stesso tecnico a cogliere ogni occasione possibile per ripeterlo; ma il progetto Roma prevede qualcosa di diverso e richiede al tecnico qualcosa di diverso. Felix, Bove, Darboe, Zalewski, Calafiori, Volpato, Missori: sono tutti under-20 che hanno trovato minuti in questa prima parte di stagione, in alcuni casi scalando anche gerarchie importanti.
Risultati. Nonostante sia evidente che la Roma non abbia un organico costruito per lottare con le prime del nostro campionato, guardando alla prima parte di stagione spiccano dei risultati negativi contro avversarie sulla carta inferiori ai giallorossi. Contro Hellas Verona, Venezia, Bologna e Sampdoria, la Roma ha raccolto un solo punto: troppo poco per essere competitivi.
Equilibrio. Il passaggio per necessità dalla difesa a quattro a quella a tre e, più in generale, i tanti infortuni, non hanno aiutato Mourinho nel lavoro di costruzione di un’identità tattica precisa. Nella primissima parte di stagione i giallorossi hanno segnato molto ma concesso troppo agli avversari, poi, nel tentativo di sistemare la fase difensiva, è diminuita l’efficacia in avanti.
Attacco. Con 31 gol segnati in 19 partite di campionato la Roma è al termine del girone d’andata l’ottavo attacco della Serie A, decisamente troppo poco per una squadra che ha il potenziale offensivo dei giallorossi. Nonostante la Roma sia prima nella classifica dei tiri tentanti, a sorprendere in negativo è la scarsa precisione dei tentativi: poche volte centrano la porta, ancora meno finiscono in rete.
Alternative. La storia di Mourinho parla chiaro: nella stagione d’esordio su una nuova panchina il tecnico ha sempre scelto un gruppo ristretto di giocatori puntando forte su di loro e lasciando a tutti gli altri pochi minuti. Alla guida della Roma questa tendenza è diventata ancora più evidente e qualche giocatore è sparito dai radar. Sicuramente la risposta di alcuni singoli come Villar e Mayoral non sarà stata delle migliori, ma la stanchezza dei titolari potrebbe esser costata alla Roma qualche punto in classifica.
Lacune. Oltre alle alternative poco gradite al tecnico ci sono dei ruoli nei quali i giallorossi non hanno giocatori. Le richieste estive di Mourinho alla proprietà riguardavano il centrocampista (magari due) e un esterno destro in grado di dare il cambio a Karsdorp: nessuno dei due è arrivato. Il 3 gennaio aprirà il mercato, ora la palla passa al GM Tiago Pinto.
Sfortuna. È una delle parole chiave della prima parte di stagione della Roma. Sfortuna per alcune direzioni gara giudicate sbagliate dagli stessi vertici dell’AIA, costate punti importanti ai giallorossi, e sfortuna in campo per l’incredibile numero di legni colpiti: nove solo in Serie A, quattro dei quali portano la firma di Abraham.
Unità. All’alba di un nuovo corso, tecnico e filosofico, l’aspetto più importante da ricercare è la coesione: tra società, dirigenza e allenatore. Tre componenti dell’ingranaggio Lazio fondamentali per portare a compimento la “rivoluzione sarriana”. La fiducia di Lotito nel tecnico, testimoniata dall’imminente prolungamento di contratto fino al 2025, unitamente alla campagna di rafforzamento della rosa, rappresenteranno le fondamenta di questo nuovo percorso.
Olimpico. In una prima parte di stagione fatta di alti e bassi, una delle poche costanti della Lazio è stata lo Stadio Olimpico. Nelle gare casalinghe i biancocelesti hanno un ruolino di marcia impressionante: sei vittorie, due pareggi e una sola sconfitta (contro la Juventus). Anche in Europa League la Lazio è imbattuta in casa.
Attacco. Prima di parlare dei singoli è inevitabile una riflessione su tutto il reparto avanzato e sulla manovra offensiva della formazione di Sarri. Con 39 gol segnati la Lazio è il terzo attacco del campionato dopo Inter (49) e Milan (40). I biancocelesti hanno portato al gol dieci giocatori diversi tra cui tutti gli attaccanti e i centrocampisti titolari.
Immobile. Parlando di gol segnati non si può non partire dall’uomo dei record. Nell’anno della consacrazione nella storia biancoceleste Immobile è ovviamente il miglior realizzatore della squadra: 16 gol stagionali, 13 dei quali in Serie A. Nella classifica marcatori è secondo a meno tre da Vlahovic che ha giocato però quattro partite in più. Ciro ha saltato le ultime due gare ma alla ripresa dovrebbe essere nuovamente al suo posto.
Pedro. L’acquisto più chiacchierato e al tempo stesso sottovalutato dell’estate biancoceleste. Arrivato sull’altra sponda del Tevere forte del rapporto con Maurizio Sarri e della considerazione del tecnico, si è trasformato in pochissimo tempo nel collante offensivo della Lazio. In Serie A ha giocato tutte le partite raccogliendo 7 gol e 3 assist: uno dei migliori inizi degli ultimi dieci anni per lo spagnolo.
Acquisti. La Lazio dovrà essere ancora migliorata ma molti dei calciatori arrivati in estate sembrano avere le carte in regola per diventare protagonisti in questo nuovo corso. Detto di Pedro, Zaccagni dopo qualche difficoltà iniziale si sta dimostrando un acquisto intelligente, così come Felipe Anderson anche se in chiusura d’anno non ha mantenuto il livello dell’inizio. A centrocampo Basic si sta ritagliando sempre più spazio, ad oggi è il dodicesimo uomo della Lazio.
Discontinuità. Nove vittorie, quattro pareggi e sei sconfitte: questo il bilancio dei biancocelesti al giro di boa della Serie A. I trentuno punti raccolti non possono essere ritenuti un buon risultato, soprattutto perché la squadra ha avuto dei passaggi a vuoto preoccupanti in stagione successivi a prestazioni ottime e convincenti, su tutti: Bologna, Verona e Sassuolo.
Trasferta. Se tra i top della stagione c’è il rendimento in casa, nei flop non può mancare quello in trasferta. Sta tutta in questo passaggio l’instabilità stagionale dei biancocelesti. D’accordo l’anno di passaggio, ma tre vittorie, due pareggi e cinque sconfitte lontano dall’Olimpico non sono numeri in linea con una squadra che dovrebbe avere aspirazioni europee.
Solidità. Altro aspetto da migliorare nel 2022 sarà quello riguardante la fase difensiva e i tanti (troppi) gol subiti. La prima metà di stagione da questo punto di vista presenta dei numeri shock: 34 gol subiti in 19 partite pongono la Lazio al quindicesimo posto tra le difese della Serie A. Peggio degli uomini di Sarri solo Sampdoria, Genoa, Spezia, Cagliari e Salernitana.
Qualità. Flop a cui potrebbe essere aggiunto anche l’adattabilità. Questa Lazio è ancora un ibrido tra le idee di Sarri e quelle, radicate in profondità, di Inzaghi. Molti giocatori fanno fatica a cambiare sistema di gioco e pensiero calcistico per caratteristiche, altri per qualità non riescono ad imporsi in un calcio di possesso. Esclusi i calciatori più impiegati, la prima parte di stagione ha reso evidente come a Sarri manchino alternative di livello in panchina.
Lazzari. Forse l’emblema del giocatore inzaghiano che non riesce (o non vuole) ad adattarsi ad un contesto di gioco profondamente diverso. Il passaggio da esterno di centrocampo a terzino ha penalizzato l’ex Spal che ha perso il posto da titolare ed è finito nelle gerarchie dietro a Hysaj, Marusic e Radu. Al netto di stravolgimenti sarà uno di quelli a salutare Formello.
Portiere. Uno dei reparti su cui sarà necessario intervenire in maniera importante a giugno e su cui andrà fatta chiarezza nella seconda parte di stagione. Reina e Strakosha per motivi diversi non convincono ed entrambi, essendo in scadenza di contratto, saluteranno presto. Lo spagnolo è partito titolare in campionato ma dopo una serie di prestazioni scadenti ha perso il posto in favore di Strakosha, inizialmente destinato all’Europa League.
Michele Gioia