Sanità

Nuova variante covid Omicron: forti preoccupazioni dal Sudafrica

Riunione d’urgenza dell’Oms sulla variante originata in Sudafrica: in dubbio l’efficacia dei vaccini. UE e USA chiudono le frontiere con sei paesi

Gli scienziati lanciano l’allarme su una nuova variante del Covid, individuata la prima volta l’11 novembre in Botswana: denominata dall’OMSOmicron“, ha un «enorme numero di variazioni» che potrebbero permettere al virus di aggirare l’immunità e quindi l’efficacia dei vaccini.

Riunione d’urgenza dell’Oms sulla variante originata in Sudafrica: in dubbio l’efficacia dei vaccini. EU e USA chiudono le frontiere con sei paesi

Finora sono solo 10 casi, in tre Paesi, confermati della variante B.1.1.529, che contiene 32 variazioni della proteina spike, la parte del virus che la maggior parte dei vaccini usano per creare l’immunità contro il Covid. Oltre ai tre casi in Botswana, la variante è stata individuata in Sudafrica, in sei casi, ed ad Hong Kong, in un paziente appena rientrato dal Sudafrica. Al suo arrivo ad Hong Kong l’uomo era risultato negativo al tampone, ma è risultato positivo due giorni dopo, mentre faceva la quarantena, riporta oggi il Guardian.

Tom Peacock, virologo dell’Imperial College di Londra, ha pubblicato alcuni dettagli su questa variante su un sito, sottolineando che «l’incredibilmente alta quantità di mutazioni dello spike suggerisce che questa potrebbe essere una vera preoccupazione»

Secondo il Guardian la nuova variante potrebbe essere “la peggiore mai identificata”. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) si è riunita assegnandole la denominazione di variante Omicron, determinando che la nuova variante sudafricana è classificata come «preoccupante».

Dopo che alcuni Paesi hanno deciso di introdurre misure per evitarne «l’importazione», la limitazione è stata adottata anche da Ue e Usa. Tra questi la Gran Bretagna, che ha temporaneamente sospeso i collegamenti aerei con il Sudafrica, ma anche con Namibia, Botswana, Zimbabwe, Lesotho ed Eswatini. Lo stesso ha fatto Israele, che vieterà ai suoi cittadini di viaggiare in Africa del sud. In India, invece, è stato disposto di effettuare «rigorosi screening e test» dei viaggiatori che erano arrivati ​​dal Sudafrica e di rintracciare e testare i loro contatti. Il vice premier della Nuova Zelanda, Grant Robertson, ha definito la nuova variante come «un vero campanello d’allarme per tutti noi, questa pandemia è ancora in corso».

Stop voli anche in UE e USA

Sì è registrato il primo caso di variante africana (denominata Omicron) anche in Europa. Sì tratta di una cittadina proveniente dall’Egitto e giunta in Belgio dove ha manifestato sintomi dopo 11 giorni. Per questo l’UE ha disposto che i Paesi aderenti chiudano i voli dalle sette nazioni dell’Africa Meridionale. Alla decisioni si è allineata anche l’USA.

La pericolosità di Omicron

A suscitare forti timori sono le possibilità che la variante Omicron sia molto più contagiosa delle altre e che riesca a neutralizzare l’efficacia dei vaccini. A conferma dell’impennata del livello di allerta, la riunione convocata per oggi stesso del Technical Advisory Group dell’Organizzazione mondiale della sanità a Ginevra. Intanto il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) fornisce alcune informazioni preliminari secondo cui Omicron potrebbe essere associata a una trasmissibilità molto elevata, a un indebolimento dell’azione dei vaccini ma non a un’infezione più grave. Dal canto suo l’Agenzia europea del farmaco (Ema) afferma che per il momento è ‘prematuro’ prevedere se per la B.1.1.529 sia necessario un adattamento dei vaccini. Sulla rivista scientifica Nature la virologa Penny Moore, dell’Università del Witwatersrand a Johannesburg, chiarisce che sono necessarie circa due settimane per capire se e fino a che punto la nuova variante sia in grado di sfuggire agli anticorpi generati dai vaccini anti Covid, così come alle difese dovute all’attivazione delle cellule T del sistema immunitario. Massimo Zollo, genetista dell’Università Federico II di Napoli e coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge avverte che la B.1.1.529 potrebbe ingannare i vaccini perché sulla proteina Spike presenta un numero molto alto di mutazioni: per questo è necessario potenziare il tracciamento e accelerare la burocrazia per l’approvazione dei nuovi farmaci antivirali che bloccano la replicazione del virus nelle cellule. «Sono molto preoccupato da questa variante che ha tutte le carte in regola per essere più aggressiva delle precedenti: l’elevato carico di mutazioni sulla proteina Spike potrebbe renderla irriconoscibile agli anticorpi generati dai vaccini», spiega.

Le case farmaceutiche però non si fanno trovare impreparate e a stretto giro di posta Pfizer e BioNtech fanno sapere che stanno già studiando Omicron e contano di avere i primi risultati «al più tardi entro due settimane».

Non solo: «nel caso emerga una variante che sfugga al vaccino saranno in grado di sviluppare e produrre un immunizzante su misura in circa 100 giorni, previa approvazione normativa». Ma tra il lavoro scientifico e quello di approvazione degli enti regolatori una dilatazione dei tempi potrebbe esserci. Secondo il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca, potrebbero essere necessari nove mesi per avere un vaccino aggiornato contro la B.1.1.529. In media sono necessari da due a tre mesi per progettare il vaccino aggiornato e metterlo in produzione, a questo periodo vanno aggiunti i circa sei mesi necessari per i trial clinici: «Entro l’anno potrebbero arrivare i vaccini aggiornati contro le varianti Alfa, Beta e Gamma, mentre l’arrivo di quello contro la Delta non è previsto prima della primavera», osserva il virologo. Nonostante i tempi piuttosto ampi – sottolinea lo scienziato – è opportuno seguire la via degli aggiornamenti perchè «si è visto che l’evolversi delle varianti nasce dall’accumulo di precedenti mutazioni. Per questo, avere anche un aggiornamento parziale del vaccino potrebbe garantire una maggiore protezione». Come dire che con l’arrivo dei vaccini aggiornati contro Alfa, Beta e Gamma, sarebbe possibile avere una protezione contro alcune delle mutazioni presenti nella nuova variante B.1.1.529. Il National Institute for Communicable Diseases (NICD) sudafricano, l’istituto pubblico di riferimento sulle malattie infettive scrive che «una parziale elusione della risposta immunitaria è probabile, ma è altrettanto probabile che i vaccini offriranno ancora alti livelli di protezione contro il ricovero e la morte».

In Giappone sparisce la variante Delta

Intanto buone notizie arrivano dal Giappone: in quel paese si spera che sia vinta la battaglia sulla variante Delta, auto estintasi dopo che diverse mutazioni del virus lo hanno reso incapace di replicarsi. Lo sostiene una nuova ricerca del National Institute of Genetics del Giappone parlando di «un’estinzione naturale» del ceppo del coronavirus. Lo riportano i media internazionali sottolineando che nelle ultime settimane il Paese ha registrato meno di 200 contagi al giorno mentre venerdì scorso, per la prima volta da 15 mesi, non si sono avuti decessi.

Secondo una teoria «potenzialmente rivoluzionaria» avanzata dal professor Ituro Inoue, un esperto di genetica, la variante Delta – riportano i media – ha semplicemente accumulato troppe mutazioni nella proteina che corregge gli errori del virus chiamata Nsp14. Durante il picco della sua quinta ondata, il Giappone registrava circa 26.000 casi al giorno.