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Un mini tour tra i formaggi romani: prodotti DOP e Presidi Slow Food tra storia e tradizione

Formaggi della tradizione casearia romana: dai sapori dell'antichità alla produzione e il consumo nei tempi moderni

Roma è una città che tra le tante virtù, vanta delle vere eccellenze nella produzione agroalimentare, e in particolare per la tradizione casearia. Ed ecco tra i tanti formaggi tipici laziali che ruotano, per storia antica ed abitudine nel consumo, più vicini alla nostra Capitale, quelli che meritano una menzione speciale: la ricotta, il caciofiore, la caciotta e il pecorino.

Formaggi della tradizione casearia romana: dai sapori dell’antichità alla produzione e il consumo nei tempi moderni

La produzione casearia romana, è fatta di formaggi dal gusto semplice e leggero ma anche intenso e strutturato, che richiama il profumo degli ortaggi altrettanto tipici di questo territorio. Difficile scegliere tra prodotti DOP e Presidi Slow Food, ma alla fine, abbiamo selezionato alcuni formaggi, che nel tempo non hanno perso fan nel gusto sulla nostra tavola, attraverso un mini tour che ne svela la sapiente e antica produzione. Ecco quali sono.

Il Pecorino Romano DOP: una bontà non solo romana

Un viaggio del genere non può che partire dal Pecorino Romano DOP, principe dei formaggi romani ma solo per un primato che è soprattutto legato al suo consumo nell’antichità. E’ il risultato dal sapore inconfondibile di quel pascolare libero della pecore nella campagna, ma quel nome “Pecorino Roma DOP”, che quest’anno spegne 70 candeline da quel riconoscimento, non ci deve confondere, perché non identifica l’esclusiva produzione nella Capitale d’Italia, ma comprende il latte delle pecore sarde e toscane (del grossetano).

Il periodo di stagionatura di 5 mesi che talvolta avviene addirittura in grotte di tufo Etrusco-Romane, dà come risultato questo formaggio dalla pasta compatta o leggermente occhiata dal gusto aromatico, lievemente piccante e sapido, perfetto da associare agli ortaggi freschi come vuole la tradizione, fave e carciofi nel periodo Pasquale.

Una storia in pillole, ci ricorda che già gli antichi romani lo apprezzavano, usandolo come condimento durante i banchetti imperiali, e la sua capacità di lunga conservazione ne faceva un alimento base delle razioni durante i viaggi delle legioni romane, integrato al pane e alla zuppa di farro per restituire forza ai soldati. Ed energia unita a facilità di digestione sono quelle doti giunte inalterate fino a noi.

La ricotta romana: una storica bontà light

La ricotta romana, è un prodotto D.O.P. che nasce dalla coagulazione del siero del latte di pecora di razze varie che si estrae e viene conservato in celle refrigerate ma subito commercializzato. E’ un latticino fresco dalla forma tronco-conica, caratterizzato da un sapore delicato, sfizioso e leggero. Ebbene si, leggero, perché il suo basso contenuto di grassi lo annovera infatti tra gli alimenti che possono essere consumati che in un regime alimentare ipocalorico, riuscendo comunque ad appagare il gusto anche dei palati più difficili.

Qui siamo in compagnia di un prodotto DOP che a differenza del Pecorino Romano, è realizzato veramente utilizzando solo il siero del latte intero delle pecore del territorio romano e laziale. Gustosa da mangiare da solo con il pane, ma anche l’ingrediente di tantissime ricette anch’esse classiche della cucina romana: dai maccheroni conditi di ricotta fresca, ai ravioli o cannelloni ripieni con ricotta e spinaci, ma anche dolci di frolla e la ricotta fritta, che ormai non può mancare insieme ad altre sfiziosità, nel cartoccio del cibo da passeggio.

La sua storia conosciuta inizia nel II a. C. quando Marco Porzio Catone il Censore regolamentò la pastorizia nella Roma Repubblicana, in quell’epoca il latte di pecora doveva essere utilizzato per scopi religioso-sacrificali e alimentare la caseificazione, dal cui siero ricavarne Ricotta. In quanto alla diffusione di questa ricotta nei secoli a seguire, pare si debba a San Fancesco d’Assisi che insegnò ad alcuni pastori come produrla.

Caciofiore della campagna romana: Presidio Slow Food

Ed ecco un ottimo formaggio, dalla lavorazione complessa e considerato l’antenato del Pecorino Romano: il Caciofiore. La sua produzione che avviene utilizzando solo latte di pecora, da ottobre a giugno, dà come risultato un prodotto caseario a pasta morbida con un profumo e un sapore particolarmente intenso che sa di verdure di campo (specialmente carciofo). qualcosa di unico che lo ha fatto diventare Presidio Slow Food.

Si produce immergendo nel latte crudo, intero, il caglio vegetale ottenuto dal fiore di carciofo o di cardo selvatico (Cynara cardunculus o Cynara scolimus) raccolti nel periodo estivo. Grazie all’azione proteolitica degli enzimi del fiore, dopo circa 60-80 minuti avviene la coagulazione del latte.

Ottenuta la cagliata, si adagia nelle fuscelle di forma quadrata per far spurgare il siero. Il giorno seguente, il formaggio ottenuto viene salato a secco con sale marino e trasferito nel locale di stagionatura dove resterà dai 30 agli 80 giorni. Il formaggio così ottenuto ha la forma di una mattonella quadrata dalla crosta grinzosa e giallognola che racchiude una pasta morbida e compatta con lievi occhiature e un cuore di formaggio dalla cremosità sorprendente, e dal profumo ricco di sentori di carciofo e verdure di campo. Ecco perché non possiamo perderne la tradizione.

La Caciotta genuina romana P.A.T.: il tipico romano a pasta molle

Formaggio dalla produzione diffusa in tutti i luoghi della capitale e provincia, e particolarmente nelle province di Roma e Latina, con top della produzione nel comune di Trevignano Romano, la caciotta romana, inserita tra i Prodotti Prodotti agroalimentari tradizionali italiani, è nata in tempi più recenti in relazione allo sviluppo della catena del freddo e all’abbandono della pratica della transumanza, ma che mantiene ugualmente quel sapore deciso e in più fresco, che lo rende veramente versatile in cucina, mettendo d’accordo il palato di una fascia più ampia di consumatori.

Si produce da novembre a giugno con pecore di razza Siciliana, Comisana e Sarda che vengono lasciate rigorosamente libere al pascolo. Dopo la sola salatura del prodotto  si ottiene il “Primosale”, dal colore bianco paglierino e dal sapore delicato che può essere consumato fresco, oppure il formaggio può essere lasciato maturare e stagionare per 40 giorni.

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