Chi dona può fare, se vuole, anche il test sierologico.
Negli ospedali romani allarme per la carenza di sangue.
E purtroppo al Grassi di Ostia, generalmente piuttosto autosufficiente, non va meglio non avendo ancora recuperato il gap creato dal lockdown.
“Qualcosa si muove, però stiamo recuperando dei deficit molto importanti perché c’è stato un calo di donazione molto sensibile“, dichiara Giuseppe Di Lorenzo, presidente dell’associazione donatori amici del Grassi.
“Sappiamo che c’è stato molto timore per via del Covid-19: ‘Vengo a donare, non vengo a donare, sarà sicuro, non sarà sicuro, lo farò un altro giorno’. Altre persone avevano timore a venire in ospedale. Molte situazioni hanno fatto sì che anche i fidelizzati non venissero a donare“, spiega Di Lorenzo.
Rispetto al calo del 30% delle donazioni in piena pandemia ora il calo è più ridotto. Si parla del 20% di donazioni in meno rispetto ai periodi pre Covid.
Un miglioramento ma non basta agli ospedali per stare tranquilli.
“Dobbiamo sempre considerare una cosa: negli ospedali non c’è solo il Covid“, ricorda Di Lorenzo. “Ci sono tante altre situazioni, in chirurgia come nei casi quotidiani da assistere. Il bisogno non diminuisce, dobbiamo fare i salti mortali e a volte facciamo proprio il gioco delle tre carte da un ospedale all’altro“.
È fondamentale dunque a donare il sangue ricordare quanto questo possa essere utile agli altri, ma anche a se stessi.
“Quando si va a compilare il piccolo triage, l’accoglienza iniziale, la nostra infermiera chiede anche se chi dona vuole o meno il test sierologico, il che vuol dire che oltre alle analisi che vengono normalmente fatte dopo ogni donazione, e che già danno un quadro generale dello stato di salute del donatore, ora c’è anche quello mirato del test sierologico“.
Servizio di Mara Azzarelli
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