Virginia Raggi è senza maggioranza ma non si dimetterà

Con l’indizione delle elezioni, il Consiglio comunale non ha più poteri: per questo motivo Virginia Raggi non si dimetterà e gestirà la campagna elettorale dal Campidoglio

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Virginia Raggi non ha più la maggioranza in Campidoglio. Da ieri quattro consiglieri del M5S sono migrati ad un nuovo gruppo che fa riferimento a Giuseppe Conte. Ciò, però, non significa automaticamente la decadenza della Sindaca che quasi certamente andrà avanti fino alla scadenza del mandato.

Con l’indizione delle elezioni, il Consiglio comunale non ha più poteri: per questo motivo Virginia Raggi non si dimetterà e gestirà la campagna elettorale dal Campidoglio

Il colpo di grazia al già traballante governo pentastellato del Campidoglio, da tempo orfano del presidente del Consiglio Comunale Marcello De Vito passato a Forza Italia, è arrivato ieri, giovedì 1° luglio: il gruppo M5S conta quattro consiglieri in meno. Ad annunciare la mini diaspora, da tempo annunciata da maldipancia e critiche all’operato della Raggi, è stata una dei quattro transfughi, Donatella Iorio, durante l’intervento in Assemblea: «Ho appena protocollato la mia richiesta di uscita dal M5S. Mi sono anche disiscritta dal Movimento», ha detto.

A seguirla Marco Terranova, Enrico Stefano ed Angelo Sturni. I quattro consiglieri hanno inoltre annunciato la nascita di un nuovo gruppo, ‘Il piano di Romà. «Ci siamo sentiti di prendere le distanze da un modo di fare che ci ha esasperato. Ora nasce un nuovo gruppo in Assemblea. Se ho parlato con la sindaca? No. È abbastanza complicato parlare con Raggi. Sono secoli che ormai non si riesce…», ha spiegato il consigliere Enrico Stefano non senza una stoccata: «la sindaca non ha più la maggioranza ma in realtà era così anche prima», riferendosi alla fuga di Marcello De Vito che tecnicamente, per un voto, aveva già di fatto sottratto la superiorità numerica ai pentastellati capitolini.

La scelta dei quattro consiglieri arriva alla vigilia di una possibile scissione del Movimento e in piena campagna elettorale ed è pane per i competitor di Raggi e dell’opposizione. «Il Sindaco di Roma non ha più la maggioranza in Assemblea capitolina. È il triste epilogo dell’Amministrazione Cinquestelle: in cinque anni nessun problema della Capitale è stato risolto e rimangono solo disastri e promesse non mantenute», ha dichiarato in una nota il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. «Come nei 10 piccoli indiani hanno perso altri pezzi, sono rimasti in 19, è ora che la sindaca Virginia si dimetta», ha invece ironizzato Roberto Gualtieri, deputato del Pd e avversario di Raggi per la corsa al Campidoglio. Anche dal fronte leghista arriva l’attacco: «La Raggi è di fatto sfiduciata. I suoi ex compagni di partito fuggono, probabilmente in direzione Pd, e la lasciano senza maggioranza in Aula. La spina è stata staccata: ora aspettiamo l’ufficializzazione delle dimissioni», ha dichiarato il sottosegretario al Mef e coordinatore regionale della Lega, Claudio Durigon. Mentre il candidato sindaco di Roma, leader di Azione, Carlo Calenda, ha sottolineato che la Raggi andrà sconfitta, ma non nei palazzi: «La sindaca Virginia Raggi non si combatte con le manovre di palazzo e i giochetti della maggioranza. Raggi la si sconfigge alle urne».

Cosa succede tecnicamente

Sul piano strettamente tecnico l’assenza della maggioranza assoluta in Aula comporta due possibili passaggi: da una parte la raccolta di firme da parte dei consiglieri per sfiduciare la sindaca (è ciò che successe con il sindaco Marino) oppure il mantenimento in carica fino alle elezioni senza produrre documenti al voto. Difficile ipotizzare la prima soluzione: sarebbe una pesante smentita a sè stesso da parte di un movimento politico che ha fatto della propria “diversità” una matrice originaria. Tra le altre cose, non conviene neanche agli stessi consiglieri “farsi decadere”: condurre la campagna elettorale dagli scranni del Campidoglio ha facilitazioni che nessuno vorrebbe perdere.

Al contrario, è più facilmente immaginabile la strada del “vivacchiare” fino alla fine. Va ricordato, infatti, che tra breve il Consiglio comunale verrà esautorato per legge dai poteri amministrativi. Infatti, secondo l’art. 38.5 del Testo Unico degli Enti Locali (d.p.r. 267/2000, c.d. TUEL) i Consigli comunali durano in carica (per un periodo di cinque anni: art. 51.1 TUEL) “sino all’elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili”.

Salvo colpi di scena, dunque, alla sindaca ed alla sua Giunta di assessori, dunque, sarà consentito continuare a governare la città per quello che riguarda l’ordinaria amministrazione.

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