Da Moderna l'annuncio di un vaccino che combatterà l'influenza, in Covid e le sue varianti grazie all'intelligenza artificiale
«L’efficacia contro il coronavirus è incoraggiante. Abbiamo un ventaglio di malattie da affrontare, dall’Hiv al virus respiratorio sinciziale che mette in pericolo i neonati. A breve partiranno i test clinici per il vaccino contro l’influenza. L’Rna permette di aggiornarlo rapidamente ai nuovi ceppi e di aumentare l’efficacia rispetto all’attuale. Il nostro obiettivo è mettere a punto un unico vaccino contro influenza e coronavirus. Ci sono però i test da completare, le autorizzazioni da ottenere. Metterei in preventivo uno o due anni».
Andrea Carfi, a capo della ricerca sulle malattie infettive di Moderna, coordinatore degli scienziati che hanno messo a punto il vaccino contro il Covid, dice a Repubblica che «abbiamo completato gli studi del vaccino sugli adolescenti e ora andiamo avanti con i test sui bambini. Procedendo a ritroso con l’età, arriveremo fino ai sei mesi». Annuncia inoltre che «abbiamo una versione aggiornata per la variante sudafricana. La stiamo testando». «La quantità di anticorpi dopo la vaccinazione scende col passare dei mesi – spiega Carfi a proposito dei richiami per il vaccino – Al momento pensiamo a una terza somministrazione, ma con un dosaggio ridotto rispetto alle prime due. Da 100 microgrammi possiamo passare a 50 o 20. Quanto alle varianti – precisa – la tecnologia dell’Rna consente di aggiornare il vaccino in tempi rapidi. Bastano 40 giorni, al netto delle prove cliniche. Al momento stiamo testando una nuova versione contro la variante individuata in Sud Africa, quella che fa perdere più efficacia al vaccino attuale. I nostri test consistono nel prendere del sangue dai vaccinati e metterlo a contatto con i nuovi ceppi del virus. Gli anticorpi nel sangue possono legarsi più o meno bene al coronavirus, quindi essere più o meno efficaci nel bloccarlo. Se vediamo che la perdita di efficacia è importante, come nel caso della sudafricana, possiamo decidere di intraprendere l’operazione di aggiornamento».
Che tipo di richiamo potremmo aspettarci in autunno? «Stiamo testando tre opzioni – prosegue Carfi – La prima è una terza somministrazione della versione corrente del vaccino, per rialzare il livello degli anticorpi. La seconda è un richiamo con l’Rna aggiornato alla variante sudafricana. La terza opzione è un mix dei due vaccini, e dai primi dati clinici sembra la migliore. Stiamo inoltre per presentare la richiesta alle agenzie regolatorie in Europa e Stati Uniti, nella fascia d’età dai 12 fino ai 18 anni. La risposta immunitaria degli adolescenti è buona, come negli adulti. Per loro abbiamo usato lo stesso dosaggio, 100 microgrammi. Per l’età pediatrica invece testeremo dosaggi anche più bassi. Sui bambini si va avanti con cautela, scendendo pian piano di età, fino ai sei mesi. I più piccoli hanno un tipo di risposta immunitaria diversa».
Quanto ai tempi necessari fra la prima somministrazione e la seconda, Carfi afferma che «le valutazioni spettano alle agenzie sanitarie nazionali. Noi dai dati delle vaccinazioni sul campo vediamo che l’efficacia inizia due settimane dopo la prima dose, ma la seconda è importante per avere delle risposte immunitarie più forti, e quindi una protezione migliore e più lunga. Con alcune varianti poi la protezione dopo la prima iniezione potrebbe non essere sufficiente. Più le persone sono fragili e a rischio, e più sono in circolazione nuovi ceppi, più diventa importante avere la seconda dose».
Come restare al passo con il coronavirus Sars-CoV-2 e le sue varianti? Usando l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico per prevedere il rischio di fuga dallo scudo del vaccino.
Mettendo in campo un team pronto a disegnare eventuali aggiornamenti per un richiamo. E mettendo alla prova la capacità d’azione dei candidati vaccini su pseudovirus costruiti con le mutazioni della proteina Spike che caratterizzano le varianti più preoccupanti di Sars-CoV-2.
È la ‘filiera‘ studiata da Moderna. Una piattaforma che ha portato già alla messa a punto di un richiamo (mRna 1273.351) studiato ad hoc per dare una risposta alle varianti, partendo da quella sudafricana che aveva mostrato una «riduzione di 6-7 volte» nell’attività neutralizzante degli anticorpi. Con questo sistema, gli scienziati dell’azienda farmaceutica americana hanno valutato la protezione ottenibile con il richiamo sviluppato, e osservato «eccellenti risultati di neutralizzazione su tutto lo spettro, incluso la variante indiana».
A spiegarlo è stato Guillaume Stewart-Jones della piattaforma di ricerca di Moderna, che con la collega Melissa Moore ha affrontato il tema del monitoraggio delle varianti di preoccupazione, fra gli argomenti al centro dell’annuale Science Day per analisti e investitori. Si parte da un maxi database che si alimenta con una cascata di dati generati da più fonti e permette un monitoraggio continuo in grado di intercettare tempestivamente eventuali segnali d’allerta su cui lavorare.
Per capire la mole di dati con cui bisogna misurarsi, basti pensare che «ogni ‘variante’ denominata genera una famiglia di singoli ‘aplotipi’, ognuno contenente una combinazione unica di mutazioni», spiega Moore, mostrando un grafico che mostra per esempio la fitta ramificazione che parte dalla variante indiana.
La domanda che si pone a questo punto è: «Quali combinazioni esatte di mutazioni dovrebbero essere incorporate in un nuovo richiamo? Gli esperti prendono le mutazioni intercettate e creano pseudovirus con cui possono verificare l’attività neutralizzante degli anticorpi generati dal vaccino”. Se questa protezione risulta ridotta, interviene un team che si occupa di disegnare eventuali ‘aggiornamenti’. È così che Moderna ha messo a punto un richiamo anti variante. “I nostri dati sulla neutralizzazione dello pseudovirus hanno rivelato che B.1.351“, la variante sudafricana, “era una variante di preoccupazione” su cui lavorare. La piattaforma è in uso e il monitoraggio è continuo. “Stiamo costruendo un sistema altamente efficiente, basato su dati e affidabile”, per identificare rapidamente le varianti di preoccupazione e poter affrontare un processo di selezione di candidati ‘richiamì del vaccino anti-Covid per le varianti.
Un’altra sfida riguarda le potenzialità della scienza dell’mRna per la creazione di “nuove classi di farmaci per nuovi bersagli“, come ha spiegato il Ceo di Moderna, Stéphane Bancel, assicurando che “i tempi migliori” per questa tecnologia “sono davanti a noi, non alle nostre spalle“. Un esempio? Gli scienziati di Moderna stanno prendendo di mira le cellule staminali e progenitrici ematopoietiche nel midollo osseo per modulare l’infiammazione e le malattie immunitarie.
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