Le origini pastorali, il significato della Pasqua Ebraica e il senso Cristiano della Resurrezione di Gesù
Ogni anno, attraverso il racconto della Passione di Gesù, letta durante la celebrazione della Domenica delle Palme, ai fedeli può essere chiarito, rafforzato e rinnovato il significato autentico della Pasqua cristiana, ma anche il senso profondo delle sue origini ebraiche, attraverso i simboli che sono stati mantenuti, anche con l’avvento del Cristianesimo.
Cristo era un ebreo, e la sua vita era collegata alle tradizioni dei suoi padri, inclusa la Pasqua, che a quel tempo, si celebrava ogni anno per ricordare l’esodo del Popolo d’Israele dall’Egitto, e che, ancora prima, era un festa pastorale, praticata dalle popolazioni nomadi del Vicino Oriente, in cui si offrivano le primizie del gregge.
E’ con Mosè, che questa festa (Pesach, che significa “passare oltre”), assunse un significato nuovo per gli Ebrei: la fuga dall’Egitto, con il sacrificio degli agnelli, come scritto nel dodicesimo capitolo dell’Esodo, con la liberazione di Israele dalla schiavitù sotto gli egiziani, e l’inizio di una nuova libertà con Dio verso la terra promessa.
Nella tradizione, gli Ebrei che vivevano entro i confini dell’antica Palestina, celebravano la Pasqua in sette giorni, con l’immolazione dell’agnello consumato la notte della fuga, e astenendosi dal consumare pane lievitato e sostituendolo con il pane azzimo, come quello che consumò il popolo ebraico durante la fuga dall’Egitto (per questo la Pasqua ebraica è detta anche ‘festa degli azzimi’).
Ancora oggi, nella Pasqua ebraica che dura otto giorni (sette nel solo Israele), tutti gli Ebrei nel ricordo della liberazione, e dell’inizio di un viaggio lungo 40 anni alla volta della terra promessa, festeggiano la Pasqua riunendosi in famiglia, e utilizzando dei cibi in memoria di quel tempo ovvero: pane azzimo, erbe amare, il vino e ovviamente la portata principale che è l’agnello “arrostito”. Ognuno di questi cibi ha un suo significato:
Il pane azzimo come già detto, a ricordo della fuga dall’Egitto, perché proprio la fuga impedì agli ebrei di far lievitare il pane e quindi oggi viene preparato direttamente senza lievito.
Le erbe amare, che ricordano la durezza della schiavitù e quindi il passaggio da essa alla libertà.
Il vino che rappresenta la gioia dello stare insieme e quindi la libertà ritrovata.
L’agnello arrostito, il piatto principale, ma è anche il più importante proprio perché ricorda il sacrificio che veniva offerto al Tempio di Gerusalemme durante la vigilia della Pasqua.
La Pasqua, non cade mai lo stesso giorno perché viene stabilita con un calcolo che deve tenere conto della luna piena del mese di marzo, la notte in cui gli ebrei fuggirono dall’Egitto.
Se nella Pasqua ebraica, c’è il passaggio del popolo ebraico liberato dell’egemonia dell’Egitto, attraverso il Mar Rosso, con la Pasqua cristiana, il nuovo e fondamentale significato del passaggio, diventa quello che avviene a vita nuova, per i cristiani liberati dal peccato con il sacrificio di Gesù sulla Croce, e chiamati a risorgere con Lui.
Un passaggio che si celebra la Domenica di Pasqua, che quest’anno è il 4 aprile ossia la 1ª domenica dopo il plenilunio seguente l’equinozio di primavera, come da tradizione. E in chiesa durante la liturgia, troveremo questi simboli principali:
Infine, c’è poi la differenza sostanziale, al di là dei precetti e dei rituali, tra la Pasqua Cristiana e quella Ebraica. I cristiani possono celebrare ogni anno, la resurrezione del Messia, Dio che si è fatto uomo, sceso sulla terra per salvare gli uomini, mentre per gli ebrei il Messia deve ancora arrivare.
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