Il mistero della tomba di Alessandro Magno. Dall'Oasi di Siwa ad Alessandria d'Egitto passando per Anfipoli in Macedonia, secoli di ipotesi e di ricerche archeologiche.
Quando Alessandro Magno spirò a Babilonia nel 323 a.C., il suo corpo divenne oggetto di contesa tra i diadochi, i generali “compagni” del condottiero. L’impero macedone andò in pezzi. Nella litigiosa spartizione dei territori rientrò anche il possesso del feretro di Alessandro.
Perdicca tentò invano nei due anni successivi alla morte di Alessandro di tenere unito il suo vasto regno. Decise di far trasportare la salma in Macedonia affidandola alla scorta di un contingente armato.
Era il 321 a.C. quando il corteo fu intercettato in Siria dagli uomini di Tolomeo Sotere, divenuto nel frattempo sovrano d’Egitto. Qualcuno ipotizza che ci fu uno scontro tra la scorta e i sopraggiunti. Più probabilmente i soldati di Perdicca accettarono una “mazzetta” per farsi da parte.
Il feretro passò di mano per giungere nella Necropoli di Saqqara a Menfi. Sotto Tolomeo IV Filopatore che regnò dal 222 al 204 a.C. fu realizzato ad Alessandria il grandioso monumento destinato ad accogliere le spoglie di Alessandro Magno.
Il “Soma“, (letteralmente il “Corpo“), era una struttura imponente che fu parte della necropoli regale dei Tolomei. Il geografo greco Pausania ritiene però che il corpo di Alessandro fosse giunto ad Alessandria già nel 280 a.C. per volere di Tolomeo Filadelfo.
Sta di fatto che il Mausoleo cadde in rovina intorno al 90 a.C. quando Tolomeo Alessandro X decise di fondere il meraviglioso sarcofago d’oro del condottiero, sostituendolo con uno di minor pregio in alabastro. Negli anni a seguire, i sovrani d’Egitto non tributarono più gli onori dovuti alla memoria di Alessandro Magno.
Cleopatra addirittura fece prelevare dal Mausoleo gli ultimi tesori per finanziare la guerra di Marco Antonio contro Ottaviano. E quando questi, in seguito alla conquista romana dell’Egitto, visitò il “Soma” intorno al 30 a.C. dimostrò tutto il suo sdegno per l’ex dinastia regnante, rifiutando di rendere onore alle tombe dei Tolomei.
Svetonio racconta la scena nel dettaglio. Ottaviano si fece mostrare il sarcofago e il corpo di Alessandro. Gli rese omaggio ponendogli sul capo una corona d’oro intrecciata con fiori. Stava per uscire dalla tomba di Alessandro quando qualcuno gli chiese se avesse desiderio di visitare anche quella di Tolomeo. La risposta del romano fu dura e tagliente: «Io volevo vedere un re, non dei morti.»
Purtroppo dopo quella visita, gli scempi al “Soma” continuarono nei successivi decenni. Sempre Svetonio narra del vilipendio effettuato da Caligola che avrebbe spogliato la mummia della sua preziosa corazza. Settimio Severo, imperatore dal 193 al 211 fece sigillare il “Soma”, forse dopo che Caracalla, suo figlio, tolse al feretro i gioielli e la tunica per poter “toccare con mano” quanto appartenuto al più grande condottiero della Storia.
Abbiamo poi una testimonianza di un certo Libanius nel 390: la tomba risultava immersa nel degrado. Ma già nel 400, il “Soma” sembrò scomparso tanto che il tentativo del vescovo e teologo Giovanni Crisostomo di ritrovarlo durante una visita ad Alessandria, terminò con un nulla di fatto. A sua detta neppure gli alessandrini conoscevano l’esatta ubicazione del mausoleo.
Erano anni di forti tensioni sociali e religiose. La città era stata teatro di gravi tafferugli tra pagani e cristiani in seguito agli editti teodosiani del 391. Il “Soma” fu distrutto? O forse riconvertito in qualche altra struttura civile? E il corpo di Alessandro?
In tempi recenti, lo scrittore e studioso Andrew Chugg ha avanzato l’ipotesi che il feretro di Alessandro sia stato portato via da Alessandria nell’anno 828 da due mercanti veneziani. Questi erano giunti nella città egiziana per recuperare e portare in salvo le reliquie di San Marco Evangelista che in quel luogo fu ucciso.
Prelevarono in realtà i resti di Alessandro che sarebbero tuttora conservati e venerati dai devoti del martire nella Basilica di San Marco a Venezia. Una teoria che cozza con i resoconti di alcuni geografi locali tra cui Ibn Abd al-Hakam (803), Al-Masudi (896) e Leone l’Africano (1494), che raccontano di un sepolcro nel mezzo delle rovine di Alessandria, meta di pellegrinaggio di molti stranieri convinti che fosse quello di Alessandro Magno.
Versione che fu confermata dal viaggiatore britannico George Sandys nel 1611. Nel XVIII secolo ci si concentrò nell’area dell’antica Moschea el-Attarin che la gente indicava come “Tomba di Alessandro“: nel 1798 membri della spedizione napoleonica trovarono nel cortile interno, un enorme sarcofago in granito, finito poi in mano inglese.
Si scoprì che il manufatto apparteneva al faraone Nectanebo II ma per gli studiosi, il sarcofago ospitò le membra di Alessandro Magno nel viaggio da Menfi ad Alessandria. Nel 1823, accanto alla vecchia moschea sorse la Moschea di Nabi Daniel, in un luogo conosciuto come “La collina del corpo (“Soma”), una coincidenza che incuriosì avventurieri ed archeologi.
Nel 1850 circolava una prima testimonianza di un presunto sarcofago in cristallo, celato nei sotterranei della Moschea di Nabi Daniel, fatto confermato dalla guida locale Ambroise Schilizzi nel 1879.
Persino Heinrich Schliemann, l’archeologo tedesco che scoprì i resti dell’antica città di Troia, si interessò alla questione. Come tanti prima di lui, si scontrò con il diniego delle autorità egiziane a indagare oltre.
Nel 1995 il famoso sepolcro sarebbe stato identificato tra le rovine dell’Oasi di Siwa dall’archeologa greca Liana Souvaltzi. A Siwa sorgeva un tempio dedicato al dio Amon. Vi operava un celebre oracolo al quale più volte Alessandro si era rivolto, ricevendo inoltre la consacrazione a figlio della divinità.
La Souvaltzi riportò alla luce, in un villaggio a ovest di Siwa, un tempio in stile dorico. Rinvenne anche le iscrizioni del nome di Alessandro e del dio Amon su una tavoletta. Il suo entusiasmo per l”incredibile ritrovamento fu immediatamente smontato dal mondo accademico a causa dell’insufficienza di prove certe a sostegno della tesi.
Un’incredibile scoperta avvenne nel 2018 a circa 48 km dall’Oasi di Siwa. La missione egiziana con la collaborazione della National Geographic riportò alla luce le rovine di un grande tempio dedicato ad Amon risalente al VII secolo a.C.
Si ritiene che sia proprio questo il santuario dell’oracolo e non quello più piccolo all’interno dell’Oasi. L’idea che la tomba di Alessandro Magno possa trovarsi celata nel santuario di Amon non è mai tramontata, continuando ad alimentare le speranze degli studiosi.
Altra ipotesi interessante riguarda l’enorme tomba monumentale di Anfipoli, scoperta nel 2012. Si tratta di una ricca sepoltura di epoca ellenistica, denominata Tomba di Kasta, al centro di un ulteriore mistero.
Era il mausoleo costruito originariamente per Alessandro, prima che Tolomeo I Sotere si impossessasse del feretro? Oppure era un memoriale dedicato a Efestione, il più fidato ufficiale del re macedone? Qualche studioso ha avanzato la teoria che l’imperatore romano Caracalla, ammiratore di Alessandro, ne abbia traslato il corpo da Alessandria proprio ad Anfipoli. A oggi sono in corso analisi e ricerche su uno scheletro umano rinvenuto all’interno del sepolcro.
Impegnato dal 1996 nell’impresa di svelare il mistero della Tomba di Alessandro è Jean-Yves Empereur, direttore del prestigioso “Centre d’études alexandrines“. Convinto che la tomba si trovi nel cuore della metropoli egizia, Empereur ha esplorato il sottosuolo alessandrino riportando alla luce la famosa “nekròpolis” già descritta da Strabone.
Sono stati effettuati anni di scavi nel quartiere Gabbari fino a risalire alla parte più antica della Necropoli. Nel 2006 l’archeologo dichiarava di essere vicino a svelare l’ubicazione del “Soma” che secondo le fonti doveva sorgere all’incrocio tra le antiche strade principali di Alessandria. Egli aveva infatti identificato tale punto di incontro. Ma del “Soma”, nessuna traccia.
La svolta nella ricerca sembra avvenire nel 2019. Protagonista è Calliope Limneos-Papakosta, apprezzata archeologa greca che dirige l’Hellenic Research Institute of the Alexandrian Civilization.
La studiosa è impegnata da oltre dieci anni in una campagna di scavo nell’area dei giardini di Shallalat. Questo luogo, nel cuore di Alessandria, occupa l’antico quartiere reale della città. Il team ha riportato alla luce le mura perimetrali di un edificio dell’epoca di Alessandro. La terra ha restituito una meravigliosa statua in marmo del grande condottiero. Il secolare mistero della Tomba di Alessandro sembra finalmente a un passo dall’essere svelato…
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