La palma, l'ulivo e gli altri simboli della Passione del Signore, nella Domenica delle Palme
La Domenica delle Palme, che quest’anno cade il 28 marzo, è una ricorrenza osservata da Cattolici, Ortodossi e Protestanti, per celebrare, con l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, assieme al popolo convertito, non solo l’inizio della storia della salvezza Cristiana, ma anche il principio della Settimana Santa di Gesù, dove si compirà il Suo destino, di Passione, Morte e Pasqua di Resurrezione.
Questo tempo, è il più importante per la fede Cristiana, e culmina con la Santa Pasqua, che quest’anno si celebra domenica 4 aprile. Nei riti che lo caratterizzano, sono da sempre presenti, simboli di vita, morte e rinascita ad esso collegati, che hanno origini antichissime.
Il primo tra questi, è certamente la palma, pianta cara anche agli Egizi, ai Greci e ai Romani, e per tutti simbolo della rinascita e dell’immortalità.
Nell’antichità, non solo era l’albero sacro che generava innumerevoli frutti di vita, ma anche il collegamento tra il cielo e la terra, che con la sua alta fierezza, ispirava persino le colonne dei templi (veri e propri palmizi di pietra). Così come l’Araba Fenice, la palma, che da lei prende il nome (palma, Phoenix), divenne anche il più importante simbolo del martirio, collegato alla credenza che la pianta, morisse generando i suoi frutti. Questa caratteristica, ne fece il simbolo più adatto, a rappresentare più di altri il sacrificio di Gesù.
L’altra pianta associata alla Domenica delle Palme, è da sempre l’ulivo. Simbolo della pace distribuita agli uomini. I suoi ramoscelli, insieme alle foglie della palma – entrambe le piante erano molto abbondanti nella Regione della Giudea – furono tagliati in gran quantità, e sventolati proprio per festeggiare l’arrivo del Messia a Gerusalemme, mentre il polo esclamava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!
Il rito della Domenica delle Palme o Domenica della Passione del Signore, inizia da un luogo ampio al di fuori della Chiesa, dove i, fedeli si radunano intorno al Sacerdote che benedice i rami di ulivo o di palma. Dopo la lettura di un brano evangelico, i ramoscelli benedetti, vengono distribuiti ai fedeli, che in processione entreranno fin dentro la chiesa, per partecipare alla celebrazione della Messa, con la lunga lettura della Passione di Gesù, tratta dai Vangeli di Marco, Luca, Matteo, secondo il ciclico calendario liturgico. il testo della Passione, non è lo stesso che si legge nella celebrazione del Venerdì Santo, che è il testo del Vangelo di San Giovanni.
Insieme alla palma e all’ulivo, anche il mirto, il salice e il gelso, rappresentano ciascuno a suo modo, la sintesi degli avvenimenti storici che li hanno eletti a ruolo di naturali “testimoni” della Passione di Cristo.
Il mirto, altro simbolo della fede della rinascita dopo la morte, è una pianta che accompagna la storia dell’uomo dalla nascita alla morte. Presente anche nei boschetti dell’Ade, nella mitologia greca, per simboleggiare la vita nell’aldilà e lo spirito di rinascita, la luce e le tenebre allo stesso tempo, è anche la preghiera dei fedeli che s’innalza al cielo.
Il mirto, assieme al salice, scelto per la sua forma di bocca chiusa, che rappresenta la preghiera silenziosa dei fedeli, la palma e il cedro (l’Etrog ebraico), frutto simbolo della perfezione, nell’unione del popolo di Israele nel mondo, componevano anche lo lulav, il mazzetto sventolato durante il pellegrinaggio a Gerusalemme, in occasione della festività ebraica del Sukkot, (festa delle capanne), ossia delle tende dove il popolo ebraico era vissuto per quarant’anni, in attesa della liberazione dall’Egitto e la venuta del Messia, che si sarebbe manifestato proprio durante questa festa.
In copertina: Giotto, “Ingresso a Gerusalemme”, nelle Storie di Gesù (1303-1305 – Cappella degli Scrovegni a Padova).
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