Donna dell’anno: Elisabetta Canitano, in prima linea tutti i giorni per i diritti e la salute in rosa (VIDEO)

In occasione della Festa della Donna, abbiamo intervistato l'attivista Elisabetta Canitano: ci ha parlato del significato dell'8 marzo, del femminismo e di tanto altro

Elisabetta Canitano, 66 anni, romana, oggi in pensione. E’ stata fino al 2020 ginecologa dell’Asl Roma 3, da sempre una figura molto impegnata nel sociale. Per quarant’anni ha lavorato in diversi consultori: a Ostia, ad Acilia e a Fiumicino.

Il senso dell’8 marzo, Festa della Donna, per il medico Elisabetta Canitano

Negli anni si è battuta a favore delle donne che hanno necessità di interrompere la gravidanza. Fornisce consigli ginecologici e riguardanti la maternità in forma gratuita. Si è distinta in una serie di battaglie legate al femminismo e contro la violenza sulle donne.

Attualmente è presidente dell’Associazione Vitadidonna ONLUS, presso la Casa Internazionale delle Donne.

E’ lei la Donna dell’anno per la nostra redazione.

Scopri qui la storia della Festa della Donna.

Intervista a Elisabetta Canitano

8 marzo Festa della Donna: ha ancora un senso? Istintivamente che reazione le suscita questa celebrazione?

“Istintivamente abbiamo due reazioni. Una più irritata: una festa che è diventata tradizionale, consumista, quindi che ha perso, agli occhi di più, quella che era la sua origine. L’altra è la voglia di rivendicarla: il desiderio di riportare sotto gli occhi di tutti, non la mimosa con il cioccolatino, ma quelli che sono i grossi temi dei diritti delle donne”.

Ci può spiegare cosa significa femminismo per lei?

“Per me femminismo significa avere un occhio nella vita delle donne, che è l’occhio di altre donne, quindi l’occhio collettivo. Io seguivo una giovane ragazza, che aveva avuto dei trascorsi ginecologici: lei aveva timore che io la giudicassi: ad un certo punto mi ha guardato e mi ha chiesto: ‘Sei femminista?’ Per me questo significa ‘femminismo’: sapere che lei me lo chieda e che mi voglia dire: ‘Non mi giudicherai’.

Oltre quarant’anni nei consultori e nel settore sanitario pubblico. Cos’è che la rende più orgogliosa del suo lavoro?

“Io mi sono battuta da quarant’anni per consentire alle donne di avere un posto sicuro e gratuito per essere assistite come il consultorio femminile. L’unico interesse che perseguiamo è essere una casa per le donne. Un posto dove chiedere informazioni o, dove recarsi, se semplicemente sei triste o se hai paura”.

“Nella Casa Internazionale delle Donne ascoltiamo gratuitamente. L’incontro tra femminismo e donne è creare posti sicuri. Io ho cominciato in un un consultorio ad Acilia dove nella sala d’aspetto c’erano delle piastrelle verdi: io mi portai lo smalto e dipinsi queste piastrelle trasformandole in un “prato”, perché doveva essere un posto tutto nostro”.

In tanti anni di carriera, qual è stata l’emergenza medica più difficile che è riuscita a “risolvere”?

“Una ragazza che aveva un bambino da sola. La mamma le morì improvvisamente a metà della gravidanza. I nostri servizi si sono stretti intorno a lei. L’abbiamo incoraggiata, sostenuta, l’abbiamo aiutata ad impedire di sentirsi sola”.

Esiste anche qualche rimpianto per non aver saputo dare il giusto aiuto a chi si è rivolto a lei?

“A volte capita di non capirsi con le persone che chiedono il tuo aiuto. Su una pagina Facebook una donna si è lamentata di me perché mangiavo mentre mi spiegava i suoi problemi. Forse non avrei dovuto. Ma sotto una ragazza le ha scritto: ‘mangia quando lavora, perché non ha tempo’. Però a volte quando pensiamo che anche il pranzo sia un’occasione per lavorare, finisce che facciamo un cattivo lavoro”.

Anche negli ultimi giorni le pagine dei giornali raccontano casi di femminicidio o di tentato femminicidio. Quali armi ha la donna per poter arginare i fenomeni di violenza nei propri confronti?

“E’ un grande problema. Le donne portano sulle spalle il mondo. L’80% dei contadini al mondo sono donne. In questo lavoro continuo che fanno, le donne pensano di fare il bene degli uomini che non stanno bene, e quindi non riescono a sottrarsi a una specie di maternità nei confronti del mondo”.

“Quando gli uomini diventano violenti, le donne trovano il momento per sottrarsi: a quel punto questi uomini le ritengono colpevoli di sottrarsi e quindi le uccidono. Noi cerchiamo di aiutare le donne a sottrarsi. Per le donne è un compito difficile. Inoltre, le donne non vengono assistite dalle forze dell’ordine. Molte donne che vengono uccise hanno già denunciato”.

Fare il medico dalla parte di chi soffre per violenza, emarginazione, povertà è un atto politico. Ma lei ha cercato anche di fare politica attiva come amministratore. Perchè?

“Perché lo Stato è il garante dei diritti dei cittadini. E nonostante io sia presidente di un’associazione, è con dolore che faccio cose che dovrebbe fare lo Stato. Noi siamo proprietari di diritti ed è lo Stato che deve dare i diritti a una persona, non il volontariato. Io ho provato a fare l’amministratrice per consentire che vengano rispettati i diritti delle persone”.

Da febbraio, nel Lazio si può assumere la pillola abortiva nei consultori: cosa significa per una donna avere la possibilità di assumere questa pillola abortiva recandosi nei consultori anziché in cliniche private?

“Le donne mi hanno sempre telefonato dicendo: ‘posso prendere una medicina per abortire?’ E’ il desiderio che la gravidanza scompaia. Noi sappiamo che l’aborto farmacologico at home si fa in Francia, in Inghilterra, in Svezia. In nessuno di questi paesi, le donne sono obbligate a fare l’espulsione da ricoverate. Se va a buon fine la pratica, anche nel Lazio, le donne potranno chiedere di poter praticare l’aborto a casa”.

Come si immagina le donne nel 2030?

“Io mi immagino una donna che possa essere maggiormente conscia dei propri diritti e che li rivendichi. Le donne che mi chiamano spesso sono spaventate. Penso che le donne possano ricominciare ad avere una visione collettiva dei propri problemi”.

“Io lavoro abbastanza online, faccio consulenze contraccettive gratuite, sulla menopausa, ci stiamo organizzando per fare l’autocertificazione per l’interruzione di gravidanza online. Io sono nata con una cosa che si chiamava il self help. Le donne si guardavano fra di loro e scoprivano improvvisamente come erano fatte”.

“Io penso che bisogna condividere i saperi, le informazioni e le esperienze. Io sto in una pagina sull’aborto volontario: una donna che andava a praticare l’aborto ci ha scritto: ‘Io ho paura’, e noi le abbiamo risposto: ‘Scrivici dall’ospedale che noi ti faremo coraggio. Io così la penso una donna: una donna che abbia coraggio a trarre forza dalla collettività’.

L’intervista video a Elisabetta Canitano sarà trasmessa nel tg di Canale 10 alle 13.30 e alle 20.

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