Tutta la storia legata alla nascita della Giornata internazionale della donna e ai suoi obiettivi
Le fonti che raccontano la storia della Festa della donna o, più ufficialmente Giornata internazionale della donna, ne tracciano spesso un percorso complesso, che passa quasi più dalla necessità di stabilire un primato o dei precisi confini di una conquista.
Che si parli delle manifestazioni delle donne operaie in America, sfruttate sul lavoro, e morte a centinaia, nelle “fabbriche del sudore” nel 1911, o delle donne operaie socialiste, che in Russia nel 1917, manifestarono per il pane, il lavoro e la fine di una guerra inutile, l’aspetto che salta agli occhi a ben guardare, è che quegli eventi, capeggiati da donne coraggiose ed esasperate, ottennero dei risultati incredibili e decisivi per allora e per le rivoluzioni sociali che seguirono.
La Giornata internazionale della donna o, più comunemente, Festa della Donna, esiste in varie forme in tutto il mondo da oltre 100 anni, stabilita proprio nel giorno 8 marzo, del calendario Gregoriano. Data accolta da molti paesi, su invito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite Onu, soprattutto a ricordo della grande manifestazione di protesta delle donne operaie e socialiste nella città di Pietrogrado nel 1917, che determinò il rovesciamento dello zar Nicola II.
Con l’ufficializzazione di questa ricorrenza, avvenuta nel 1977, viene stabilita anche una rilevanza politica e sociale della donna negli sforzi di pace, indicata nella sua stessa denominazione: Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale, in cui si celebrano i successi sociali, economici, culturali e politici delle donne, ma soprattutto si promuove quell’azione comune, continua e forse infinita, che possa accelerare un’autentica parità di genere.
In Italia la Giornata internazionale della donna fu tenuta per la prima volta soltanto nel 1922, per iniziativa del Partito comunista d’Italia, che la celebrò il 12 marzo, sulla scia della prima Giornata della donna operaia, stabilita in Russia nel 1921.
Ma è con la fine della guerra, l’8 marzo del 1946, che si poté celebrare in tutta l’Italia liberata, la Festa della donna. Fu in quell’occasione che su idea di alcune donne partigiane (Teresa Mattei, Teresa Noce e Rita Montagnana), fece la sua prima comparsa anche la mimosa (fiore delle staffette partigiane), che divenne il simbolo di questa Festa, per via della sua abbondante fioritura tra i mesi di febbraio e marzo.
Solo due anni prima tra il 1944 e il 1945, era nata l’UDI Unione donne in Italia, a farsi portavoce delle lotte per la conquista di diritti fondamentali per le donne, tra queste il diritto al voto (riconosciuto alla donna italiana, solo il 30 gennaio 1945), oltre al diritto all’istruzione, al lavoro e ai servizi sociali.
Dagli anni settanta l’impegno di UDI si intreccia con diversi movimenti neo-femministi, riuscendo ad imporre all’agenda politica italiana degli aspetti cruciali nella qualità della vita della donna. Iniziarono ad essere affrontati temi quali l’aborto, la violenza sessuale, i consultori. Nel 2003 UDI diventa “Unione Donne in Italia”, operando sempre, nell’ottica dell’autodeterminazione. Parliamo di battaglie quali il salario minimo europeo, il reddito di autodeterminazione, la socializzazione della cura, welfare universale, un permesso di soggiorno europeo non condizionato al lavoro e alla famiglia, che sono solo alcuni tra i principali obiettivi alla base di un processo ancora lungo, guidato dal valore del diritto all’indipendenza totale.
Per una nuova affermazione di questi principi, insieme alla lotta contro la violenza di genere, nel 2016 nasce Non una di meno, il movimento femminista italiano ispirato allo storico NiUnaMenos messicano ed argentino, ed esploso con forza nella grande manifestazione internazionale pacifica alla quale abbiamo assistito. Incentrata sulla lotta contro la violenza sulle donne e la discriminazione di genere in tutte le sue forme, a casa, sul lavoro, in politica ed in ogni altro contesto.
Forse non tutti sanno che la giornata della donna ha anche dei colori simbolo, una combinazione di colori ufficiali associati alla Giornata internazionale della donna, nata dall’Unione sociale e politica delle donne nel Regno Unito nel 1908: il viola (giustizia e dignità), il verde (speranza) e il bianco (purezza).
Il colore viola associato particolarmente al femminismo, ci richiama inevitabilmente al cinema, sull’argomento della condizione femminile, e a quel film capolavoro del 1985, firmato da Steven Spielberg: “Il colore viola”, con una straordinaria Woopi Goldberg, interprete dello sfruttamento e la violenza femminile delle donne di colore nel Sud degli Stati Uniti, nei primi del ‘900.
E impossibile da non citare a questo punto, uno tra i nostri film culto sulla condizione femminile: “Riso amaro” di Giuseppe De Santis, pellicola del 1949 con Silvana Mangano, che ancora oggi raccoglie consensi per la forza e il senso autentico della ribellione all’oppressione e alla schiavitù, in cui le donne erano tenute nel mondo contadino in Italia e nel mondo in genere.