Da spiaggia dei vip a ricovero di vandali e senza fissa dimora, le immagini shock delle condizioni in cui versa lo stabilimento balneare “La Casetta”
E’ un viaggio apocalittico quello che vi proponiamo nello stabilimento balneare “La Casetta” di Ostia. O, almeno, in ciò che resta di quella struttura, distrutta da una politica persecutoria e capricciosa, incapace di valorizzare un bene pubblico che potrebbe fruttare economie preziose per le casse dello Stato.
Siamo a Ostia, lungomare Amerigo Vespucci 68, spiaggia di levante, nella zona di Castelfusano. Qui più di sessant’anni fa, venne autorizzata con regolare licenza edilizia del Comune di Roma la costruzione di un villino, appunto la “casetta”, poi trasformato, sempre con tutte le autorizzazioni del caso, in impianto balneare. “La Casetta” diventa subito un must: due tre campi da tennis (ci si allenava anche Nicola Pietrangeli), due piscine, cabine con doccia calda, due bar, un circolo per giocare a carte e incontrarsi con gli amici.
L’eleganza lo pone per oltre mezzo secolo come l’impianto balneare più elegante e ben frequentato di Roma, tra i più belli d’Italia. Tra i frequentatori i professionisti della Capitale, i grandi commis di Stato, politici di rango come Ugo La Malfa e Giulio Andreotti, i vertici della Polizia. La sua sabbia vede nascere storie d’amore da rotocalco, come ad esempio quello tra Paolo Leone, primogenito del Presidente della Repubblica Giovanni, e Claudia Rivelli, sorella della famosa attrice Ornella Muti. Cicciolina Ilona Staller e Corinne Clery mostrano le loro grazie distese al sole de “La Casetta”. Una struttura, quella, che si è distinta anche per le operazioni di solidarietà come il sostegno all’associazione “Le stanze di Oppo” o gli aiuti all’associazione Marevivo.
Tutto questo viene distrutto da un atto d’imperio nel 2016. I vigili urbani di Ostia, su mandato dell’amministrazione locale, denunciano il concessionario di aver commesso abusi edilizi. Anzi, addirittura di non avere la licenza edilizia originaria. E il 20 maggio 2016, su disposizione della Procura di Roma, vengono apposti i sigilli e bloccata ogni attività. Nessuno può violare quei sigilli, tranne vandali e senza fissa dimora che a più riprese occupano i locali e distruggono ogni cosa.
Le ferite sono evidenti: cabine devastate, sedie, tavoli, apparecchiature delle cucine distrutti, vetri infranti, persino buchi nei muri. Ogni spazio subisce l’azione disastrosa dei teppisti. Non si salva nulla: persino i sanitari dei bagni sono sgretolati. Uno tsunami di proporzioni incredibili per danni di svariati milioni di euro.
Scade la concessione edilizia e il Comune di Roma, tramite il X Municipio, non la rinnova proprio per l’accusa di abusivismo edilizio contro i titolari. Ma il 2 ottobre 2019 succede ciò in cui i concessionari hanno sempre sperato: il Tribunale di Roma sentenzia che rispetto all’accusa di abusivismo edilizio “il fatto non sussiste”. I concessionari non hanno commesso alcun reato e vengono prosciolti con formula piena. Il Campidoglio riconosce il suo errore a tal punto che non presenta ricorso in appello contro la sentenza.
Passerà ancora un anno, però, prima che lo stabilimento balneare venga dissequestrato: il 21 ottobre 2020 (leggi qui) la Polizia locale riconsegna lo stabilimento balneare “La Casetta” al concessionario. Che, si badi bene, è solo un affidatario. Eh già, perché la concessione il Campidoglio non la restituisce. Ormai è scaduta e così si decide di metterla a bando insieme con altri 36 stabilimenti balneari (leggi qui), salvo poi fare una proroga tecnica (leggi qui) e dover rimandare ogni decisione, forse, a dopo l’esame del Tar sui ricorsi presentati dai concessionari (leggi qui). Insomma, tutto sprofonda in un guazzabuglio tecnico-burocratico-giudiziario senza fine.
“La Casetta” vittima di un capriccio politico? Un errore grossolano? Un atto persecutorio emblematico dell’atteggiamento assunto a Roma verso le imprese balneari in generale? Saranno i magistrati a dare una risposta a queste domande conseguenti a una serie di diritti violati. Nessuno, però, potrà risarcire i 40 e più lavoratori che per questo scempio hanno perso il posto. E chi pagherà i danni per i mancati incassi e per gli atti vandalici subiti dal concessionario? Ma, soprattutto, chi risarcirà l’immagine turistica di Ostia offesa dall’accusa di abusi e illegalità quando le prime a sbagliare sono state proprio le amministrazioni locali?