Per un’indagine gli esitanti verso il vaccino covid sono un terzo della popolazione. “Ecco chi sono i cinque tipi scettici”
Secondo un’indagine Ispos un terzo della popolazione italiana è esitante verso il vaccino covid. Un gruppo nutrito articolato in cinque diversi tipi, per convincere i quali potrebbe rivelarsi utile il coinvolgimento degli influencer dei social. “Molte attività dovranno essere precluse a chi non fa il vaccino”.
E’ l’analisi verso il fenomeno dei no-vax covid che arriva da Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’ospedale per malattie infettive Spallanzani di Roma, resa pubblica attraverso un’intervista pubblicata dal giornale La Repubblica. “Un’indagine dell’Ipsos con il World economic forum alla fine del 2020 dava da noi un terzo di esitanti, dato simile a Germania e Spagna – spiega Ippolito – Fra gli scettici ci sono 5 tipi di persone: chi pensa di non essere a rischio di ammalarsi; chi non capisce o non vuole capire l’importanza della vaccinazione come atto civico; chi ha dubbi sulla sua efficacia; chi ha paura degli effetti collaterali; chi pensa che sia stato sviluppato troppo alla svelta».
C’è un dato che migliora l’ottimismo generale e quello del prof Ippolito in particolare: “Fra gli over 80 nel Lazio si sono registrate 100mila prenotazioni solo il primo giorno. Ho fiducia che gli italiani abbiano capito l’importanza del vaccino. L’adesione al distanziamento, che da noi è elevata, dimostra che se le cose sono spiegate chiaramente, vengono capite”.
Riguardo alla campagna per contrastare l’esitazione, «questo non è il mio campo – afferma Ippolito – Posso dire che in Africa si coinvolgono soprattutto i leader religiosi. Anche negli Usa il pastore che nel sermone ti invita a vaccinarti, e magari ospita la vaccinazione nei locali della chiesa, può convincere più persone di una costosa campagna sui media. Si potrebbero coinvolgere anche gli influencer sui social media».
ATTIVITA’ DA PRECLUDERE AI NO-VAX
«Molte attività dovranno essere precluse a chi non è vaccinato – aggiunge – ristorante, cinema, stadio, aereo. Le misure potranno essere adottate quando il vaccino sarà disponibile per tutti, altrimenti sarebbero un fattore discriminante. Un bel vaccino prima delle ferie ci permetterebbe di fare le vacanze con meno pensieri, e magari anche un bel viaggio all’estero. Serviranno tanti vaccini, e diversi. Non è detto che basterà vaccinarsi una volta e saremo a posto per sempre. Uno degli scenari più verosimili è che il virus diventi endemico e tutti noi con vaccini e infezioni naturali acquisiremo livelli crescenti di immunità sino a limitare le forme gravi. La malattia diventerebbe una sorta di influenza».
Potremo scegliere il vaccino? «Nel Paese di Coppi e Bartali – risponde Ippolito – non potevano mancare le dispute sul vaccino migliore. Battute a parte, quando un vaccino viene approvato da Ema e Aifa può essere usato in tutta fiducia perché è stato esaminato nei minimi dettagli. Le percentuali di efficacia (questo vaccino il 95%, quello il 59%) si riferiscono alla capacità di prevenire le forme con sintomi. Se parliamo della capacità di evitare le forme gravi, l’efficacia di tutti i vaccini approvati, e di altri di cui conosciamo i dati come Johnson&Johnson o Sputnik, è per tutti il 100%. Può darsi che dopo il vaccino mi prenderò l’infezione, ma di sicuro non finirò in ospedale o in terapia intensiva». «Se per immunità di gregge – conclude – intendiamo bloccare totalmente il virus, ho seri dubbi che riusciremo mai a raggiungerla. Dovremmo vaccinare 7 miliardi di persone in pochi mesi e finora è stato eradicato solo il vaiolo. Vaccinarsi serve per tornare alla normalità, per fare in modo che la malattia non riempia gli ospedali di gente che soffoca e per ridurla ad un malanno di stagione, come gli altri quattro coronavirus umani che provocano raffreddori».