Assegnata a una cooperativa la gestione del Piano freddo da 76mila euro: difformità sull'appalto e richieste pubbliche di aiuto da parte dei volontari
Un Piano freddo iniziato in ritardo, in uno spazio pubblico e con i volontari mobilitati per raccogliere beni: tutto ciò nonostante 76mila euro finanziate dalle casse municipali per un ricovero privato. Garanzie e fondi insufficienti? Modifiche dell’appalto in corso d’opera? Difficoltà a reperire strutture ricettive private? Passiamo ai raggi X il Piano freddo varato dal X Municipio al costo di 54 euro a notte pro ospite.
E’ partito a Ostia il Piano freddo per offrire un ricovero e l’assistenza necessaria ai senza fissa dimora contro le intemperie della stagione. Ieri, sabato 2 gennaio, è stato il primo giorno di attività (leggi qui) e i medici insieme con la Asl hanno offerto visita con test covid-19 agli ospiti che beneficiano di quel servizio. Analizzando attentamente il bando di gara o manifestazione di interesse che dir si voglia (leggi qui), però, ci si accorge di alcune incongruenze che meriterebbero di essere approfondite.
Intanto, al momento non è stata pubblicata la determina dirigenziale con la quale si attribuisce la vittoria della gara d’appalto. Sappiamo che ad aggiudicarsela dovrebbe essere stata la cooperativa “Ambiente e lavoro” che ha iniziato operativamente ad occuparsi del ricovero da ieri, 2 gennaio, e quindi non dal 20 dicembre come era stato fissato. Un ritardo di due settimane, ci risulta, dettato dal mancato reperimento di una struttura privata dove accogliere il presidio che, va ricordato, era tra gli obblighi dell’assegnatario del progetto.
Nel capitolato, infatti, è specificato che “l’Organismo dovrà individuare uno spazio idoneo per l’accoglienza considerando la necessità del distanziamento fisico, dovrà essere ubicato in un punto nevralgico del territorio e facilmente raggiungibile con l’uso dei mezzi pubblici. Deve essere privo di barriere architettoniche ed essere in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente in materia di: edilizia, igienico-sanitaria, di prevenzione degli incendi, sulla sicurezza degli impianti e sulla prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro”. Eppure, alla fine, la cooperativa che si è aggiudicata il servizio usufruisce di un bene pubblico, l’ex colonia Vittorio Emanuele III, che presenta barriere architettoniche e che andrebbe verificata nei profili della sicurezza.
Eppure, viene da chiedersi perchè si sia scelta una sede pubblica senza coinvolgere strutture ricettive oggi chiuse per assenza di lavoro come campeggi e alberghi. Tanto più che il servizio è ben remunerato dall’amministrazione municipale: si parla di 54 euro al giorno per ospite, nel caso in cui si raggiunga la disponibilità di 15 posti. Altrimenti la quota pro capite sale ulteriormente.
Naturalmente è auspicabile che i giorni di ritardo vengano detratti dalla somma destinata all’appalto.
Nonostante la disponibilità economica garantita dal X Municipio, peraltro, con l’attivazione del servizio, è scattata la mobilitazione dei volontari per raccogliere generi di comfort e di prima necessità. Su facebook c’è chi presenta una lista ben precisa di beni chiedendo microonde, carta igienica, sacchi grandi, guanti usa e getta, sapone intimo monodose, federe per cuscini, lenzuola, asciugamani, biancheria intima ecc. A parte la risposta generosa della gente comune, balza agli occhi che si tratta di generi che la cooperativa avrebbe dovuto assicurare perché inclusi nel servizio pagato dal X Municipio.
Tutto questo suscita una domanda finale: che genere di controlli ha deciso di attuare il X Municipio per garantire il rispetto del capitolato d’appalto ed evitare possibili speculazioni sul Piano freddo?