Roma: arrestato per bancarotta il patron di due noti negozi di mobili e arredi

L'imprenditore si è visto bussare alla porta i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza che lo hanno tratto in arresto per bancarotta fraudolenta e reati tributari.

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Immagine di repertorio

Brutto risveglio questa mattina per il patron di due noti negozi di mobili e arredi di Roma. L’imprenditore si è visto bussare alla porta i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza che lo hanno tratto in arresto per bancarotta fraudolenta e reati tributari.

Guardia di Finanza di Roma: arrestato per bancarotta il patron dei marchi “Semeraro” e “Ovvio”

Arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta e reati tributari, nonché il sequestro preventivo di beni per un valore di circa 15 milioni di euro. E’ quanto previsto dall’ordinanza disposta dal G.I.P. del Tribunale di Velletri, su richiesta della Procura della Repubblica veliterna, che le Fiamme Gialle di Roma hanno eseguito nei confronti del patron dei noti marchi di mobili e arredamenti per la casa: “Semeraro” e “Ovvio”.

Il provvedimento, che ha coinvolto anche un collaboratore dell’imprenditore, trarrebbe origine dalle indagini nei confronti di numerose società del gruppo riconducibile all’impresario.

Nello specifico, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma e la Compagnia di Velletri, su delega della Procura della Repubblica di Velletri, avrebbero ricostruito la complessa vicenda societaria e commerciale della G.S.H. S.r.l. di Ariccia.

Sembrerebbe che nel giro di due anni, il dominus del gruppo avrebbe portato in Italia la sede di un’impresa lussemburghese, nella quale sarebbero state fuse per incorporazione 19 aziende, per poi essere dichiarata fallita nel 2016, dopo il cambio di alcune denominazioni.

Dalla scrupolosa analisi delle varie fasi dell’operazione sarebbe emerso come in realtà tutto fosse studiato per accorpare nella G.S.H. una serie di imprese non più profittevoli, cariche dei debiti di altre società rimaste all’esterno del perimetro della fusione, per poi destinarla al fallimento in quanto priva delle minime risorse necessarie ad operare nel mercato.

Poco prima della dichiarazione di bancarotta, infatti, sarebbero stati sottratti i residui elementi attivi in favore di altri soggetti apparentemente esterni all’azienda, ma gestiti, tramite fidati prestanome, sempre dallo stesso imprenditore.

Il risultato finale è stato quello di lasciare senza garanzia patrimoniale i creditori: dipendenti, fornitori, istituti di credito, Erario e INPS, per un passivo totale di oltre 52 milioni di euro.

Inoltre, l’imprenditore avrebbe continuato a operare omettendo i versamenti di imposte e ritenute per altri 7 milioni di euro.

Ricordiamo che le prove di eventuale colpevolezza si formano nel corso del processo e che fino al terzo grado di giudizio l’imputato deve ritenersi innocente.

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