Istat, più disoccupati e immigrati, meno casalinghe

L'Istat ha reso noti i dati del censimento permanente della popolazione e delle abitazioni.

L’ Istat ha reso noti i primi risultati del censimento permanente della popolazione e delle abitazioni (2018 e 2019). Secondo la rilevazione svolta dall’Istituto Nazionale di Statistica le regioni del Nord si confermano quelle con una maggiore percentuale di occupati. Aumentano i disoccupati e gli stranieri.

Istat, più disoccupati e immigrati, meno casalinghe

Questa mattina, martedì 15 dicembre, nel corso dell’evento virtuale Leggere il Paese sono stati resi noto i Primi risultati del Censimento Permanente della Popolazione e delle Abitazioni (2018 e 2019). L’evento ha presentato le principali evidenze emerse dalle prime due edizioni del Censimento permanente che, a partire dal 2018, ha trasformato la tradizionale rilevazione decennale in annuale e campionaria. L’ultima rilevazione si è chiusa il 20 dicembre 2019. Nel 2020, a fronte dell’emergenza Covid-19, l’Istat ha modificato parzialmente l’attività di raccolta tradizionalmente svolte da ottobre a dicembre.

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Istat: il mondo del lavoro

Al 31 dicembre 2019, tra la popolazione residente di 15 anni e più le forze di lavoro sono il 52,5% (50,8% al Censimento 2011), gli inattivi il 47,5% (49,2% nel 2011), gli occupati il 45,6% (45,0% nel 2011), i disoccupati il 6,9% (5,8%). Tra le non forze di lavoro, diminuisce la quota di percettori di pensioni da lavoro o di rendite da capitali, dal 24,8% del 2011 al 22,3% del 2019. Anche le casalinghe riducono il loro peso relativo, dall’11,4% al 10,8%, mentre rimane stabile la quota degli studenti. Undici regioni del Nord e del Centro presentano quote di occupati sopra la media nazionale. Le percentuali più elevate sono quelle di Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia. La Liguria presenta, invece, una percentuale di occupati analoga al valore nazionale (45,6%) mentre tra le restanti otto regioni, con valori sotto il dato medio nazionale, spiccano quelle del Mezzogiorno, con il primato negativo di Campania (37,3%), Calabria (36,5%) e Sicilia (34,9%)

Istat: l’immigrazione

Secondo i dati dell’ Istituto Nazionale di Statistica il lievissimo incremento di popolazione residente in Italia rispetto a dieci anni fa è da attribuire «esclusivamente alla componente straniera». I dati diffusi oggi evidenziano come nel periodo 2011-2019 la popolazione di cittadinanza italiana è diminuita di circa 800 mila unità (-1,5%) mentre i cittadini stranieri sono aumentati di circa un milione (+25,1%), senza considerare che sono più di un milione le acquisizioni di cittadinanza nel periodo 2012-2019 e che già al censimento del 2011 i cittadini italiani per acquisizione erano quasi 700 mila. I cittadini stranieri risultano in crescita in tutte le regioni della penisola, a eccezione della Valle d’Aosta, mentre sono solo quattro le regioni in cui aumenta anche la popolazione italiana: Lombardia, Lazio, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna. La popolazione residente diminuisce nei comuni con meno di 5 mila abitanti e aumenta in tutte le altre classi dimensionali, soprattutto nei comuni tra i 50 mila e i 100 mila abitanti (+3,6%) e in quelli con oltre 100 mila abitanti (+2,5%). Dinamica dovuta principalmente ai cittadini stranieri, la cui presenza aumenta in tutte le classi di ampiezza demografica. Gli italiani invece diminuiscono in tutte le classi di comuni, a eccezione di quella tra 50 mila e 100 mila abitanti. La struttura per genere della popolazione residente si caratterizza per una maggiore presenza di donne. Nel 2019 le donne sono 30.591.392 – il 51,3% del totale – e superano gli uomini di 1.541.296 unità.

Istat: Il livello di istruzione

In Italia il 50,1% delle persone ha al massimo la licenza media mentre i laureati e le persone che hanno conseguito un diploma di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (A.F.A.M.) di I o II livello rappresentano il 13,9%1 della popolazione di 9 anni e più. Secondo il Censimento Istat il 35,6% dei residenti ha un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di qualifica professionale; il 29,5% la licenza di scuola media e il 16% la licenza di scuola elementare. La restante quota di popolazione si distribuisce tra analfabeti e alfabeti senza titolo di studio (4,6%) e dottori di ricerca, che possiedono il grado di istruzione più elevato riconosciuto a livello internazionale (232.833, pari allo 0,4% della popolazione di 9 anni e più). Rispetto al 2011, si legge, diminuiscono le persone che non hanno concluso con successo un corso di studi (dal 6% al 4,6%) e quelle con al massimo la licenza di scuola elementare (dal 20,7% al 16%) e di scuola media (dal 30,7% al 29,5%). Nel 2019 aumentano le persone in possesso di titoli di studio più elevati rispetto a otto anni prima. In particolare, si contano quasi 36 diplomati (31 nel 2011) e 14 laureati (11 nel 2011) ogni 100 cento individui di 9 anni e più mentre i dottori di ricerca passano da 164.621 a 232.833, con un incremento pari a più del 40%.

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