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Il futuro dell’aviazione. Meno petrolio e più idrogeno

L’aviazione rappresenta circa il 12 per cento delle emissioni di anidride carbonica del settore dei trasporti: infatti a causa del prezzo ridotto dei biglietti e della facilità d’uso delle app, in pochi secondi possiamo aumentare questo flusso di emissioni senza neanche accorgercene. Per dare un esempio semplice, un volo andata e ritorno da New York a Londra produce 976 kg di anidride carbonica, più di quanta ne produca in un anno una persona in Madagascar o in Colombia. È possibile ridurre l’impatto negativo dell’aviazione sull’ambiente?

Il futuro dell’aviazione, Nuovi modelli di sviluppo in chiave ecologica

Al momento non esiste una stima complessiva delle tonnellate di emissioni di anidride carbonica evitate dalla pandemia (specialmente perché il virus è ancora in circolazione), ma secondo un’analisi approssimativa, la cancellazione di un milione di voli nel mese di marzo 2020 ha scongiurato l’equivalente delle emissioni registrate nel Regno Unito nell’arco di un mese.

Dunque parlare del futuro dell’aviazione in questo momento sembra molto difficile, soprattutto perché questo appare necessariamente legato alla scoperta di un vaccino efficace contro il covid-19, dato che un volo implica necessariamente il contatto tra diverse persone e un ricircolo di germi dovuto alla impossibilità di cambiare aria durante il tragitto in cielo.

Può però questa pandemia farci riflettere su nuovi modelli di sviluppo di questo settore? Sicuramente due alternative per risollevare questo settore ci sono e implicano il progressivo abbandono del petrolio, che ha mostrato già le sue intrinseche debolezze dovute al crollo dei prezzi in questi mesi di crisi epidemica.

 

Secondo l’UE, l’idrogeno ha un potenziale enorme nel settore dell’aviazione, ma sono necessari una significativa ricerca e sviluppo, investimenti e una regolamentazione di accompagnamento per adattare questa forma di energia all’aviazione. Infatti i voli regionali, a corto e medio raggio sono i candidati ideali, ma quelli a lungo raggio, tipicamente viaggi di 5.000 km e oltre, avrebbero bisogno di una costosa riprogettazione degli aerei, in quanto i serbatoi di carburante richiederebbero fusoliere più lunghe.

Per ciò che invece riguarda la transazione ad arei a batteria, Easy Jet è una delle compagnie ad aver investito maggiormente, infatti ha finanziato i progetti di  “Wright Electric”, che è una delle poche aziende concentrate a portare sul mercato aerei elettrici da 186 posti entro il 2021.

In ogni caso la seconda ondata di Coronavirus in Europa sta molto rallentando i processi di implementazione di politiche a favore della transizione green del settore aereo, sia perché al momento i proiettori sono rivolti verso la ricerca di un vaccino, sia perché non esiste una opinione unanime su quale possa essere la strada preferibilmente percorribile, visti gli alti costi e l’enorme impatto economico di tali cambiamenti drastici in un settore così radicato.

 

Alessia Pasotto,

dottoressa in Economia dell’Ambiente e dello Sviluppo.

Su instagram @natur_ale_

 

 

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