Caccia alla seppia: la tecnica e i rischi per il ripopolamento

E’ scattata nel mare la caccia alla seppia: come ogni anno, in questo periodo, centinaia di barchini escono in mare per una pesca indiscriminata che costituisce una seria minaccia per il ripopolamento della specie.

Ad ogni mese di ottobre e nel periodo d’inizio primavera il mare è preso d’assalto da una flotta di barche e barchini con pescatori che danno la caccia alla seppia. Il gustoso mollusco, della specie dei cefalopodi, si avvicina alla riva per deporre le sue uova che vengono ancorate a ogni tipo di supporto, dalle reti metalliche agli scogli alle reti da pesca ai relitti sommersi.

Favorito dalle migliori condizioni meteo, ovvero dalla calma piatta e dall’assenza di vento, si verifica il cosiddetto passo della seppia che mette in movimento i pescatori della domenica. C’è da dire, infatti, che il mare sotto costa si popola di barche e barchini con a bordo non pescatori professionisti ma semplici amatori che in questa specifica cattura hanno gioco davvero facile. Eh già perché per tirare a secco le seppie basta armarsi di un filaccione con un ancorotto e un richiamo di gomma.

Giunti sul posto prescelto, a non più di 500-600 metri dalla riva, i pescatori calano le cosiddette totanare, filaccioni collegati a canne con mulinello attrezzati con diversi ami. I più vecchi ricordano quando la cattura delle seppie si faceva bloccando sull’ancorotto veri gamberetti e mazzancolle, crostacei dei quali sono ghiotti quei molluschi. Adesso le esche naturali sono state sostituite dai cosiddetti egi ovvero da riproduzioni made in Japan o in China di quei crostacei stampati in gomma dai colori sgargianti e, quindi, particolarmente invitanti per gli animali.

Ostia si conferma da qualche decennio il regno di questo cefalopode. Non è un caso che qui si sia avviata nel periodo di ottobre la Sagra della Seppia, annullata quest’anno per i ben noti divieti imposti dal distanziamento sociale e dalla riduzione del rischio di contagio da covid-19.

Certo, l’assenza di regole relative alla densità di ami e ancorotti o alla quantità di possibili catture, rappresenta una seria minaccia per la specie. A rischio c’è il ripopolamento della specie e sarebbe auspicabile, oltre che a un comportamento etico da parte dei pescatori, anche un incremento di mirati controlli da parte della Guardia Costiera.