Coronavirus, a Pechino riesplode l’epidemia: schierati 100mila operatori sanitari

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Paura a Pechino: la capitale cinese, finora soltanto sfiorata dall’epidemia di coronavirus, entra nell’incubo. Chiuse le scuole primarie e secondarie, isolati e in quarantena interi quartieri, bloccati tutti i voli. I contagi sono partiti, come nel caso di Wuhan, da un mercato alimentare. Le autorità cinesi hanno mobilitato 100mila operatori sanitari: effettuati 400mila tamponi. Il Brasile è il Paese più colpito al mondo, 35mila nuovi contagi in un solo giorno.

Paura a Pechino, nuovo focolaio di coronavirus: si teme una seconda Wuhan

Il livello di allarme a Pechino è alle stelle. Le autorità sanitarie della capitale cinese ieri hanno innalzato il grado di allerta, portandolo da 3 a 2, in una scala in cui il primo grado è il più grave. Sospesi tutti i collegamenti da e per la città, cancellati oltre mille voli.

Fra i 137 positivi scoperti nelle ultime ore c’è anche un bimbo di soli otto anni. “E’ possibile che continuino a emergere nuovi casi”, ha dichiarato Pang Xinghuo, capo del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie di Pechino.

Il numero dei positivi continua a salire senza sosta a partire da giovedì scorso, quando è stato scoperto il focolaio nel mercato alimentare all’ingrosso di Xinfadi. Da qui i contagi si sono già estesi nelle province di Liaoning e di Hebei. Mobilitati dal governo di Pechino oltre 100mila operatori sanitari, per effettuare tamponi e test a tappeto.

Nel mirino dei vertici del regime è finito il salmone norvegese importato, venduto nel mercato di Xinfadi, epicentro del focolaio. Sul pesce nordico, in esposizione sui banconi, i primi test hanno riscontrato la presenza del virus.

La Norvegia però respinge tutte le accuse: “Impossibile che il virus si sia originato dal nostro salmone”, ha replicato il governo di Oslo. E poco fa i cinesi hanno ammesso: sui prodotti ittici importati, testati prima che entrassero nel mercato e che venissero esposti sui banchi, il virus è assente.

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Ma intanto a Pechino la paura del pesce infetto si è diffusa, scatenando la psicosi dei cittadini: chiusi i ristoranti di sushi, nessuno si avvicina più ai banconi del pesce fresco all’interno dei supermercati.

Il mercato è stato chiuso lo scorso sabato, ma il numero dei lavoratori potenzialmente coinvolti è nell’ordine delle migliaia. Le autorità hanno rintracciato tramite le app dei cellulari tutti i visitatori che hanno frequentato il mercato nelle ultime due settimane: 200mila persone. In corso i tamponi, effettuati porta a porta, all’interno di parchi, stadi e palestre.

In Brasile 35mila contagi al giorno, è il Paese più colpito al mondo

Nel Paese governato da Jair Bolsonaro, che ha sempre sostenuto la non rilevanza del virus per la salute pubblica, i contagi sono saliti a 923 mila. Con un aumento esponenziale: 35mila i positivi registrati in un solo giorno. “Le misure di contenimento possono causare più danni della pandemia“, aveva detto Bolsonaro.

E oggi, con 34.918 positivi e 1.282 nuovi morti in un solo giorno, dichiarati dal ministero della Sanità brasiliano, il Brasile è salito al primo posto nella classifica mondiale dei paesi più colpiti dal virus.

A Rio de Janeiro e nelle favelas delle principali città brasiliane le bande di narcos, preoccupate che uno scoppio eccessivo di contagi possa finire per compromettere i loro affari, hanno iniziato a far rispettare il distanziamento sociale e una sorta di quarantena auto-imposta, con negozi chiusi e persone in casa.

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