Il nuovo rapporto firmato dalla Lav, la Lega Anti Vivisezione, analizza il tasso di infezioni virali trasmesse all’uomo dagli animali e il grado di pericolosità delle zoonosi causate dallo sfruttamento delle foreste e dagli allevamenti intensivi. Due fattori che rappresentano una vera bomba a orologeria, sottolinea il rapporto: se non si prenderanno provvedimenti, l’umanità rischia di andare incontro a nuove pandemie.
Rapporto Lav: allevamenti intensivi bomba a orologeria, le prossime pandemie proverranno dal sistema zootecnico
Si stima che circa il 60% delle infezioni umane abbia origine animale. Le zoonosi, ovvero il passaggio di virus propri di specie animali all’uomo, avvengono indirettamente attraverso il sistema alimentare e ci sono evidenze che suggeriscono come la frequenza dei microrganismi patogeni che ‘saltano’ da altri animali alle persone stia aumentando, a causa di attività umane insostenibili.
“I ricercatori dell’UNEP, l’organismo dell’Onu per l’ambiente (United Nations Environment Programme), hanno individuato i 7 fattori che determinano l’emergere delle zoonosi”, spiega il rapporto firmato dalla LAV.
“Eccoli: 1) insostenibile intensificazione dell’agricoltura e aumento della domanda umana di proteine animali; 2) cambiamenti nelle filiere alimentari; 3) maggiore impiego e sfruttamento della fauna selvatica; 4) intensificazione dei cambiamenti nell’uso del suolo accompagnati dalla distruzione e dall’invasione degli habitat; 5) industrie estrattive non sostenibili; 6) aumento dei viaggi e dei trasporti; 7) cambiamenti climatici accelerati“.
“Da un recentissimo documento, dal titolo “Un’industria contagiosa – Allevamenti intensivi in un mondo post-COVID” – redatto da FAIRR, il network di investitori e istituzioni che collaborano per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche connesse agli allevamenti intensivi – emerge l’allarme: le prossime pandemie proverranno dal sistema zootecnico“, sottolineano gli animalisti della LAV.
“Il 70% delle maggiori imprese che operano nel settore della carne, dei latticini e del pesce, risultano ad elevato rischio di favorire pandemie. Gli allevamenti sono allo stesso tempo soggetti vulnerabili e potenziali creatori e diffusori di gravi emergenze sanitarie, e se il COVID-19 non ha avuto origine da un allevamento, il prossimo virus pandemico potrebbe averla”, spiega il rapporto stilato dalla LAV.
Per arrestare questa tendenza “l’intero settore zootecnico sarà costretto ad affrontare e risolvere le importanti questioni connesse ai bassi standard di sicurezza – per i lavoratori e per gli alimenti – alla situazione di ‘ammassamento’ e costrizione degli animali, e all’impiego esagerato di antibiotici. La catena produttiva, già in crisi dalle limitazioni sull’utilizzo di terreno, di risorse idriche e dalle norme sulle emissioni, dovrà farei i conti con i probabili nuovi e dispendiosi protocolli di biosicurezza e di gestione dell’antibiotico resistenza”, sottolineano gli animalisti.
Problematiche “che rendono evidenti anche i rischi per gli investitori: a questo proposito il rapporto FAIRR ha stilato una classifica dei rischi pandemici sui fattori di rischio più rilevanti per il comparto zootecnico, legati alla deforestazione e alla perdita di biodiversità, agli antibiotici, ai rifiuti e all’inquinamento, alle condizioni di lavoro, alla sicurezza alimentare e al benessere animale”.
“Quarantaquattro su sessanta imprese analizzate (valutate a 224 miliardi di dollari e con i ricavi combinati di oltre 207 miliardi) sono considerate ad alto rischio. Le restanti sedici sono classificate come a rischio medio: nessuna a rischio basso”.
“La situazione presentata nel dossier – conclude il rapporto della LAV – trasmette già un’idea di come l’industria zootecnica mondiale sia da considerare superata, in considerazione dei danni ambientali che causa, per i suoi rischi e per le sofferenze che provoca”.
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