Già finalista nella 76esima edizione del Festival di Venezia, ha ricevuto anche la nomination come miglior documentario ai David di Donatello 2020: parliamo di “Se c’è un aldilà sono fottuto – Vita e Cinema di Claudio Caligari”, l’opera nata dal felice incontro tra il giornalista di Ostia Fausto Trombetta e il produttore Simone Isola (KimeraFilm). Il documentario – 105 minuti di pura emozione – racconta l’esperienza umana ed artistica di uno degli autori più misteriosi del cinema italiano, che per tutta la vita ha svolto il mestiere del regista, ma che ci ha lasciato prematuramente con una filmografia di soli tre titoli.
«Nato ad Arona, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, Claudio Caligari si è appassionato al cinema sin da ragazzo, abbandonando i percorsi professionali più scontati per iniziare a frequentare le cineteche e a girare i primi documentari – racconta il regista Fausto Trombetta – Da subito si interessa a tematiche sociali: dai movimenti di contestazione alle lotte di occupazione e, infine, alla tossicodipendenza, che sarà per lui la chiave di lettura della società italiana. Sulle ali di uno dei suoi autori di riferimento, Pier Paolo Pasolini, Caligari si trasferisce a Roma e realizza il suo primo film, diventato negli anni un vero e proprio cult: Amore Tossico. È una storia drammatica, ambientata ad Ostia e interpretata da un gruppo di attori realmente tossicodipendenti. Un collettivo di ragazzi molto giovani e politicamente impegnati, con i quali lui convivrà per quasi un anno e mezzo, calandosi in quella realtà quasi fosse un ‘antropologo sociale’. Il film viene presentato con successo alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1983 e per Caligari sembrano aprirsi nuove strade professionali. Come gli disse all’epoca Marco Ferreri: “Adesso puoi fare quello che vuoi”.
«In realtà, i riconoscimenti si riveleranno effimeri e Ferreri un falso profeta – aggiunge il regista Simone Isola – Caligari persegue un’idea di cinema scomoda: intende raccontare con crudezza i margini della realtà, con coerenza etica ed estetica, cercando la massima libertà espressiva. Uno sguardo ricco di umanità il suo, ma privo di pietismo, che riuscirà a guidare un set solo dopo quindici anni: con “L’odore della notte”, nel 1998, porta sullo schermo la violenza di una banda di rapinatori romani che parte dalla periferia per dare l’assalto ai quartiere “bene” della città. Qui Caligari tiene a battesimo un gruppo di attori romani di talento, come Giorgio Tirabassi, Marco Giallini e Valerio Mastandrea. Anche dopo questo film, per molti anni i progetti stentano a decollare. Caligari è fuori dall’ambiente cinematografico e, purtroppo, si ammala. Negli anni, le sue condizioni di salute diventano precarie, ma a lui resta legato Valerio Mastandrea che – con un gruppo di produttori di cui facevo parte – lo accompagna nella difficile realizzazione della sua ultima opera, presentata postuma sempre a Venezia e accolta da applausi e lacrime. Con “Non essere cattivo” Caligari torna ad Ostia per raccontare una storia ambientata a metà degli anni ’90, dove l’eroina lascia spazio alle droghe sintetiche. Tutta la troupe ha prodotto il massimo impegno nel film: anche grazie al loro lavoro e alle interpretazioni di Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Silvia D’Amico e Roberta Mattei, il film viene apprezzato e raggiunge un pubblico sempre più vasto, restando in sala per ben nove mesi. Claudio, purtroppo, è morto appena terminata la seconda stesura di montaggio, quindi non ha potuto ricevere di persona questi riconoscimenti e la nomination di “Non essere cattivo” come film italiano candidato ai premi Oscar.»
«Nella parabola umana di Claudio Caligari, vita e cinema sono due elementi indissolubili – continua Trombetta – Abbiamo cercato di raccontarla con materiali molto diversi tra loro: brani tratti dai film, oltre 30 interviste, riprese originali, materiale di repertorio. Abbiamo fatto procedere il racconto tra le tappe di lavorazione di “Non essere cattivo”, il suo ultimo lungometraggio, realizzato – come detto – quando le sue condizioni di salute erano ormai irrimediabilmente compromesse. Lo abbiamo fatto con le immagini, ma anche con i ricordi di attori e tecnici, di quella troupe- famiglia che si è stretta attorno a lui consentendogli di portare a termine il suo terzo ed ultimo film. A loro e ad Adelina, la madre di Claudio Caligari, che ha sostenuto letteralmente ‘fino alla fine’ le scelte di suo figlio, è dedicata questa nomination ai David di Donatello.»